«Manele», il gusto ancestrale della modernità sboccata

Con il nome di manea (più spesso usato al plurale, manele) viene oggi indicato in Romania un genere musicale recente, di origine semi-folclorica e di diffusione commerciale, nato negli anni ’80 in alcuni Paesi dell’est europeo: in Romania si è particolarmente diffuso ed è oggi ascoltato soprattutto nelle periferie urbane, con una forte penetrazione anche in ambito rurale, specialmente tra la popolazione giovanile dei sobborghi chiamati mahala. Il fenomeno è presente in gran parte dei Paesi dell’area balcanica e orientale, dove è conosciuto con nomi differenti: chalga in Bulgaria, turbo-folk in Serbia, arabesk in Turchia.

Un nome e la sua storia

I dizionari di lingua romena offrono definizioni differenti per il sostantivo femminile manea, pur concordando sull’origine del termine, che deriverebbe dalla parola turca mani. Il DEX, ad esempio, fino alla sua edizione del 1975, riportata anche nell’edizione del 1998, dona un solo significato al termine: le manele sono definite, infatti, «canzoni di origine orientale e più specificamente turca» [1]. Già a partire dal Dicţionarul Limbii Române (1974), viene determinato il tipo di melodia sentimentale «cântec melancolic» (canzone malinconica) [2] e nella definizione successiva data dal DEX vengono aggiunte le caratteristiche di «duioasă» e «tărăgănată», cioè ‘strascicata’, con i tipici melismi allungati di impronta orientaleggiante. Risultano interessanti le attestazioni più antiche segnalate da Tiktin [3], in due testi risalenti rispettivamente al 1853, di Costantin Negruzzi [4], e al 1885, di Nicolae Gane in «Convorbiri Literare».
Solo il più recente DEXI del 2007 registra anche una seconda accezione, quella che qui ci interessa: (deprec.) «brano musicale costituito dall’interferenza tra la musica commerciale e la musica popolare, (circolante nelle zone suburbane), caratterizzato da mancanza di buon gusto, erotismo esagerato, volgarità nei versi» [5]. Si noti che il giudizio negativo e l’indebita apposizione dell’etichetta di deprec., indicante un termine usato in senso spregiativo, riflette solo il gusto dei ceti intellettuali e borghesi e il loro disprezzo per le manifestazioni della cultura di massa dei ceti popolari e subalterni. In realtà, le manele sono, come è noto, molto apprezzate dalla maggioranza dei ceti popolari e in questo contesto il termine non possiede alcuna connotazione negativa. La conclusione per noi interessante è che al nuovo genere musicale (nato intorno agli anni ’80) in Romania è stato applicato un nome più antico, che era diffuso in precedenza per indicare delle canzoni di origine orientale.

Un genere meticcio, di sapore turco-balcanico

Si tratta di un genere meticcio, nato da contaminazioni musicali tra ritmi turchi e mediorientali e melodie che si richiamano alla tradizione popolare dei popoli balcanici, con forti innesti del folclore zingaro. Le manele mescolano, infatti, svariati generi musicali, sovrapponendo a basi di strumenti elettronici motivi che ricordano quelli eseguiti dai lăutari della tradizione folclorica romena. I lăutari, musicanti organizzati in bande dette taraf (pl. tarafuri) suonavano già nelle corti boiare e principesche del XVIII secolo, ed erano spesso costituiti da membri di etnia Rom, professionisti o semi-professionisti. In queste corti essi avevano il compito, nei banchetti o in qualsiasi altro festeggiamento, di intrattenere gli ospiti con canti e racconti di ogni genere. Essi svolgevano la stessa funzione dei giullari medievali delle corti occidentali: divertivano con versi di scherno e lirica erotica, riportando leggende o grandi imprese della casata nobiliare che li aveva ingaggiati [6]. Dopo l’affrancamento della popolazione zingara nel 1858, la maggior parte di questi musicanti si trasferì nelle aree rurali, iniziando a suonare nelle cerimonie inserite nella vita sociale dei villaggi, quali i matrimoni, i funerali e altre celebrazioni tradizionali. Il loro ruolo nell’interpretazione e conservazione del folclore fu perciò importantissimo. I ritmi e le melodie eseguiti subirono l’influenza dei motivi turchi e greci, soprattutto a partire dal periodo fanariota.
La dominazione turca in Romania, in particolare nei Principati di Valacchia e Moldavia, iniziò nel XVI secolo e si protrasse fino al 1877. Questa secolare dominazione ebbe moltissime conseguenze non solo nella politica, ma anche e soprattutto nella lingua, nella cultura, negli usi e costumi della Romania. I Turchi Osmanli iniziarono ad estendersi sulle rive del Danubio alla fine del XIV secolo, poco dopo la fondazione dei Principati romeni. Dopo aver tentato a più riprese di opporvisi, questi ultimi cedettero alla forza ottomana e ad un’ingerenza turca sempre più massiccia nella vita sociale, economica ed amministrativa. L’intensità e l’importanza dell’influenza orientale sono riscontrabili ancora oggi a livello linguistico-culturale: i turchismi costituiscono l’8% del lessico romeno, ed anche il contributo nelle strutture fonetiche e morfologiche è significativo. Il domino turco ha introdotto nella lingua romena una gamma molto ampia di termini comuni, concetti e significati prima inesistenti. Il linguaggio corrente utilizza inoltre moltissimi termini di origine turca in senso peggiorativo o ingiurioso.
Analizzando la poesia popolare romena, in special modo la lirica della parte meridionale del Paese, potremo notare un’abbondante presenza di turchismi: essi dunque penetrarono fino agli strati bassi della società, nella lingua parlata dal popolo in ambito rurale, ed anche nella lingua dei Rom valacchi. Proprio questi ultimi, infatti, hanno introdotto nel vocabolario romeno il termine di origine turca Manele [7]. Tuttavia, l’influenza culturale turca e greca è da notare principalmente nelle regioni meridionali del Paese: nella Valacchia (Ţara Românească), che più a lungo è vissuta a contatto con la popolazione ottomana. Proprio in queste zone si è verificata una prima diffusione del genere manea, sviluppatosi a Bucureşti, nel quartiere periferico di Ferentari, abitato prevalentemente da persona di etnia Rom. Solo successivamente si è espanso in altre aree del Paese, a partire dall’Oltenia e dal Banato.

Tra battesimi e matrimoni, c'è posto quasi per tutto

Il contenuto di queste canzoni, costituito da un lessico variegato, proveniente da diversi strati linguistici, è spesso ironico e licenzioso. Alcune composizioni vengono costruite appositamente per particolari occasioni come feste di battesimo o matrimoni, alle quali gli autori sono invitati ad esibirsi. Si tratta di un chiaro retaggio della tradizione giullaresca, in cui l’improvvisazione e fondamentale per la composizione di testi e musiche, che molte volte non vengono registrati, ma trovano spazio solo al momento dell’esecuzione.
I testi si riferiscono solitamente a temi quali l’amore, i nemici, i soldi, il guadagno facile, il gioco d’azzardo, la malavita. L’espressione di tali temi è eseguita con un linguaggio intenzionalmente lascivo e di provenienza colloquiale e popolare; non di rado sono presenti vocaboli osceni e passaggi che vantano la ricchezza, le qualità sessuali o la capacita di seduzione dei cantanti. Di qui l’utilizzo di termini argotici, appartenenti al gergo giovanile e malavitoso delle periferie. Il lessico presenta comunque altre caratteristiche, come ad esempio termini stranieri, soprattutto anglismi, neologismi recentissimi, o perfino neoformazioni, introdotte nella lingua dagli esecutori/compositori. Una delle caratteristiche più interessanti di questo genere musicale è, quindi, la contaminazione di registri linguistici diversi, data probabilmente dall’ambiente stesso in cui questo tipo di musica si è sviluppato. Anche la sintassi è spesso molto vicina a quella del registro parlato e dal punto di vista metrico-formale le canzoni non seguono quasi mai uno schema regolare. È possibile trovare, infatti, inserti recitati nello stile dei generi rap o hip hop in brani melodici e romantici, oppure testi interamente cantati, con basi ritmiche di balli sudamericani adattate a melodie tradizionali romene.
Per molti aspetti si tratta di una musica commerciale, poiché utilizza delle melodie orecchiabili e ballabili, abbinate a testi dal contenuto semplice e a volte volgare. Non sono rari inoltre gli episodi di plagio e imitazione di canzoni popolari riadattate al genere in questione, ma questo espediente non ha altro effetto se non quello di rinvigorire il loro successo nei confronti della maggioranza del pubblico musicale romeno.
Attualmente è il genere più ascoltato in Romania, utilizzato nelle occasioni di festa. Nicolae Guţa, uno dei più noti cantanti di manele, ha considerato il suo genere come «muzica de petrecere» (musica di divertimento). Secondo l’opinione pubblica, le manele hanno realizzato in questo Paese ciò che la disco music è stata per l’Occidente: «music for the people», un genere universale per ogni cittadino [8].

Un prodotto di cultura popolare?

Il dibattito sulla qualità artistica delle manele è attualmente molto acceso in Romania, dividendo i ceti intellettuali e borghesi, che le disprezzano, dalla maggioranza dei ceti popolari, che la ascolta e che ne determina il successo.
Il punto di vista che noi vogliamo offrire è invece la valenza di prodotto semifolclorico che questo genere musicale può contenere, proprio per le sue caratteristiche di contaminazione tra stili diversi ma anche di aderenza al tessuto popolare tradizionale. È, infatti, possibile notare, nella struttura formale e nei temi affrontati nei testi delle canzoni, una corrispondenza e una continuità con la poesia popolare, soprattutto se si prende in considerazione la doina, cioè il genere per eccellenza della poesia lirica sentimentale appartenente alla tradizione di tutte le regioni romene.
Le somiglianze sono visibili e interessanti, ma non sufficienti a considerare le manele come prodotto autentico della cultura popolare: la standardizzazione e la commercializzazione di questa musica le impediscono di dimostrare quei caratteri di tradizione e totale oralità propri delle doine popolari. Questi brani, infatti, utilizzano archetipi e modelli di matrice folclorica come lo stile formulare, e la loro struttura metrica, pur non essendo coerente in molte canzoni, riflette la creatività verbale popolare. La caratteristica di testo scritto e riprodotto in seguito ci impedisce però di parlare di vera formularità, nella poesia tradizionale legata necessariamente all’improvvisazione.
Ciò che afferma Alvaro Barbieri riguardo alle famose iscrizioni del Cimitero di Săpânţa e altresì vero per le Manele: «Lo stile formulare della poesia tradizionale è indissolubilmente legato alla dimensione dell’oralità: abbiamo piuttosto una pervasiva stereotipia formale, basata sull’uso ricorsivo di determinati moduli e figure. Le tecniche compositive arcaiche contribuiscono come modello, ma i codici espressivi e i quadri di riferimento non sono più quelli della versificazione tradizionale» [9].
È necessario notare, comunque, che l’improvvisazione e la creazione svolta nel momento performativo non sono del tutto estranee a questo genere musicale, in quanto i cantanti sono spesso invitati ad esibirsi in varie celebrazioni e ad ‘inventare’ i loro brani al momento, prendendo ispirazione dall’occasione di festa. Dunque gli elementi di matrice popolare vengono qui solamente rielaborati e rifunzionalizzati.
Anche la lingua risente di questa ‘tensione tra l’oralità delle fonti e la fissazione scritta’ [10]: il romeno letterario standard viene integrato spesso da un linguaggio più spontaneo, argotico, definito ‘di strada’ dalla critica avversa, ma anche da regionalismi difficili da comprendere per il pubblico colto.
Un’altra aderenza parziale con la tradizione e lo status di anonimato che spesse volte questi testi assumono: esistono, infatti, numerosi siti internet nei quali è possibile imbattersi in vere e proprie «offerte» di brani manea, scritti da sconosciuti che non appongono la loro firma, ma che aspettano solo di vendere il proprio prodotto. Certo, le poesie popolari non avevano tale caratteristica di commercializzazione; ciò che è interessante è che anche per queste canzoni moderne e di consumo, l’idea di autorialità non sia poi così fondamentale, ma anzi si lasci spazio al contributo anonimo di appassionati apprendisti.
I condizionamenti esterni e le nuove mode hanno insomma un peso determinante per questo fenomeno musicale, il quale si presenta come eterogeneo e legato al folclore e a fattori intrinseci della tradizione popolare. Il grande antropologo americano James Clifford ha chiamato questi prodotti stratificati e sfuggenti «frutti impuri», prodotti di culture sottoposte a spinte di standardizzazione e frammentazione mettendo in risalto il fatto che le realtà culturali devono essere recepite nelle loro trasformazioni e nella loro dinamicità, poiché l’intrecciarsi di diversi linguaggi e registri produce un nuovo concetto di ‘autenticità ibrida’ [11].Così le manele, nella loro pluralità di stili e nei vari livelli di espressione, possono essere considerate prodotti sincretici ed eterogenei, un genere musicale in cui molta parte della popolazione si riconosce forse perché a metà tra la tradizione ancestrale e l’appartenenza alla modernità, idea che conduce al concetto di sviluppo.

Marisol Pezzutto
(n. 2, febbraio 2013, anno III)

NOTE

1. Dicţionarul explicativ al limbii române, Univers Enciclopedic, Bucureşti, 1998.
2. Dicţionarul limbii române, Editura Academiei Republicii Socialiste România, Bucureşti,1974.
3. H. Tiktin, Rumanisch-Deutsches worterbuch, Otto Harrassowitz, Wiesbaden,1988.
4. Constantin Negruzzi, Opere I, Ed. Liviu Leonte, Bucureşti, 1874.
5. DEX ilustrat al limbii române, ARC & GUNIVAS, Chişinău, 2007.
6. Cfr. Ortiz 1928, pp. 38-53.
7. Cfr. Niculescu 2007, pp. 141-154.
8. Per la definizione del genere Manele si vedano: cfr. Sescu 2007 e Boilea 2007.
9. Alvaro Barbieri, Croci pictae e iscrizioni parlanti: il programma grafico-visivo del cimitero inferiore di Săpanţa, in Studii de Romanistică. Volum dedicat profesorului Lorenzo Renzi, a cura di Felicia-Delia Marga, Victoria Moldovan,Dana Feuredean, Editura Fundaţiei pentru Studii Europee, Cluj-Napoca, 2007,p. 193.
10. Ibidem, p. 194.
11. James Clifford, I frutti puri impazziscono, Bollati Boringhieri, Torino, 1993.