Le vicende della Legione Romena d’Italia

La comunità romena che vive in Italia ha celebrato il 1° dicembre l’anniversario della proclamazione del moderno Stato di Romania. Con riferimento a questo evento, proponiamo un interessante contributo sulla vicenda, ancora poco nota nella Penisola, della Legione Romena d’Italia (giugno 1918).


Il massiccio afflusso di prigionieri austro-ungarici, nel corso di tutto il primo conflitto mondiale, pose il problema della individuazione di campi di prigionia che fossero sufficientemente distanti dalle zone di operazioni militari. Durante la prima parte del conflitto, su precisa indicazione del ministero dell’Interno, i prigionieri non furono assolutamente utilizzati per alcun tipo di lavoro manuale all’esterno dei campi per timore che l’immissione sul mercato del lavoro di una numerosa manodopera, generalmente a basso costo, potesse provocare tensioni sociali non auspicabili. Inoltre, il celebre “colpo di Zurigo” aveva dimostrato la presenza in Italia di una rete ben sviluppata di spie – la maggioranza è bene notare reclutata tra insospettabili cittadini italiani – che aveva messo a dura prova la marina e l’esercito. Tuttavia la mancanza di mano d’opera (dovuta ai continui richiami delle classi di leva) costrinse anche l’Italia ad applicare l’articolo 6 del Regolamento dell’Aja, che ammetteva l’impiego di prigionieri in lavori esterni.

Nel 1916 la percentuale di prigionieri austro-ungarici di nazionalità romena presenti in Italia era assai rilevante e concentrata soprattutto nei campi del Nord Italia. Secondo le stime del Ministero della Guerra erano cosi suddivisi ben 3.600 nel campo di Mantova, 2.000 a Cavarzere, 800 rispettivamente a Ostiglia e Chiaravalle. Le pressanti domande per l’utilizzo di prigionieri di guerra provenivano da tutta l’Italia e in particolare dai proprietari terrieri dell’intera penisola. I soldati prigionieri furono utilizzati con continuità nei lavori agricoli e in misura ridotta, anche nell’industria.

Una forte necessità emerse, nel territorio della provincia dell’Aquila, dalla cittadina di Avezzano dove si dovette fare fronte a urgenti carenze agricole nei campi posti nel Fucino e per la ricostruzione delle strutture viarie e civili andate distrutte dal grave sisma del 13 gennaio 1915. La risposta a questi problemi fu l’istituzione nella città Marsicana di un campo di prigionia destinato ad accogliere fino a 15.000 prigionieri e i circa 1.000 tra soldati semplici, sottufficiali e ufficiali del Regio Esercito destinati alla sorveglianza dei reclusi. I prigionieri presenti ad Avezzano appartenevano a tutte le principali nazionalità dell’impero asburgico e quindi anche romeni, nativi della Transilvania, del Banato e della Bucovina. Nel corso dei mesi la componente romena nel campo di Avezzano si distinse non solo in termini quantitativi ma anche sotto il profilo dell’immagine tra la popolazione civile. Infatti, il grande spirito di sacrificio, la maggior facilità di comunicazione rispetto a ungheresi e tedeschi unita alla dimostrazione di essere “buoni lavoratori” [1], ingenerano il rispetto degli abitanti di Avezzano a tal punto che spontaneamente vennero creati da parte dei cittadini del centro marsicano comitati di solidarietà e assistenza riservati ai cittadini romeni e ai loro familiari rimasti in Patria.

Una svolta importante per il futuro dei prigionieri romeni di Avezzano venne a seguito dello svolgimento nella sala del Campidoglio di Roma del “Congresso delle Nazionalità Oppresse nella monarchia austro-ungarica” [2] (27 marzo – 10 aprile 1918) nel quale i delegati romeni Dumitru Drăghicescu [3], Nicolae Lupu [4], Benedetto Deluca [5], Gheorghe Mândrescu [6] e Gheorghe Mironescu [7] ottennero dal ministero della guerra italiano la possibilità di formare unità armate autonome su base nazionale, poste sotto la giurisdizione dei diversi comitati nazionali, offrendo ai soldati di queste nuove unità lo status giuridico di alleati. Tra questi i delegati romeni il professor Mândrescu e l’ex ministro romeno in Italia, principe Dimitrie Ghica [8] riuscirono a fondare a Cittaducale, il 6 giugno del 1918, con l’appoggio dei militari italiani e romeni il “Comitato d’Azione dei Romeni di Transilvania, Banato e Bucovina”. Grazie al diretto interessamento del Ministro della guerra italiano, Vittorio Zuppelli [9], fu costituita la “Legione Romena d’Italia”, posta sotto il comando del generale di brigata Luciano Ferigo [10] e sede ad Avezzano. Il piano messo a punto da Ferigo prevedeva che da tutti i campi di prigionia i soldati romeni venissero radunati nel centro abruzzese, inquadrati militarmente e forniti di tutto il necessario equipaggiamento bellico. Non mancarono neppure momenti di svago, marcati da qualche gita realizzata in località del circondario o di banchetti offerti in loro onore da municipalità locali, come non mancarono casi di matrimoni tra romeni e donne del posto. Il 28 giugno 1918 la prima delle tre compagnie romene, inquadrate nella VIII, V, IV armata italiana, ricevette la “Bandiera di guerra” a Ponte di Brenta (Padova).

Da quel momento la Legione Romena d’Italia poteva dirsi operativa e avrebbe combattuto distinguendosi in quella che sarebbe passata alla storia come la “la terza battaglia del Grappa” del 24 ottobre del 1918 e nella offensiva di Vittorio Veneto che portò al collasso dell’esercito austro- ungarico e alla fine della guerra sul fronte italiano. Si è voluto ricordare brevemente [11] la storia della Legione Romena d’Italia, anche per onorare ad oltre 90 anni dalla fine della Grande Guerra quei tanti giovani romeni che contribuirono – sia pure per poco tempo – alla vittoriosa fine della guerra. Ma anche per sottolineare una sorta di “memoria condivisa” che unisce italiani e romeni da sempre. Oggi i tanti romeni che vivono e lavorano onestamente in Italia contribuiscono, come i loro nonni, a far crescere il nostro Paese.

Marco Baratto
(n. 1, dicembre 2011, anno I)

NOTE

1. Nel corso della permanenza dei soldati rumeni, non pochi furono anche i matrimoni celebrati tra militari e ragazze del posto. 
2. Al termine del congresso i rappresentanti convennero all’unanimità che: I rappresentanti delle nazionalità soggette in tutto od in parte al dominio dell'Austria - Ungheria - italiani, polacchi, rumeni, cecoslovacchi, iugoslavi - sono convenuti nell'affermare i loro principi per l'azione comune nel seguente modo: 1) Ciascuno di questi popoli proclama il suo diritto a costituire la propria nazionalità ed unità statale o a completarla ed a raggiungere la piena indipendenza politica ed economica; 2) Ciascuno di questi popoli riconosce nella Monarchia austro-ungarica lo strumento della dominazione germanica e l'ostacolo fondamentale alla realizzazione delle sue aspirazioni e dei suoi diritti; 3) L' assemblea riconosce pertanto la necessità della lotta comune contro i comuni oppressori perché ciascun popolo consegua la totale liberazione e la completa unità nazionale nella libera unità statale” in “Almanacco italiano”, Vol. XIV, pag, 461, Firenze,1919.
3. Dumitru Drăghicescu (Zăvoieni 4/3/1875 -14/9/1945)  compiuti gli studi in patria e laureatosi in Legge a Bucarest, nel 1901 si trasferisce in Francia dove nel College de France ottiene la laurea in Sociologia. Nel 1905 ritorna in Patria come professore associato presso la cattedra di Sociologia dell’Università di Bucarest. Durante il primo conflitto mondiale ritorna in Francia dove si batte per la piena unità dei popoli rumeni e la fine della presenza austriaca in Transilvania. Dopo la fine del conflitto mondiale entra nella carriera diplomatica del Regno di Romania e dal 1934 al 1936 sarà ambasciatore di Romania in Messico. Morirà in circostanze non del tutto chiare nel 1945.
4. Nicolae Gheorghe Lupu (Arsura 24/2/1884 – Bucarest 30/4/1966) . Laureatosi in Medicina presso l’Università di Bucarest. Dal 1906 al 1909 è medico internista e successivamente fino al 1912 medico in numerosi ospedali di Bucarest.  Dal 1921 al 1965 assume la cattedra di Anatomia presso la Facoltà di Medicina dell’Università di Bucarest.  Nel 1948 diviene membro dell’Accademia di Romania. Nel 1921 diviene membro del comitato centrale del Partidul Țărănesc che dal 1946 sarà in coalizione con Partito Comunista Romeno (PCR).
5. Benedetto De Luca, presidente del Comitato dell’Associazione “Dante Alighieri” e docente presso l’Università di Bucarest.
6. Gheorghe Mândrescu (Iaşi 4/8/1866 -  Bad Nauheim 5/9/1938) Militare di carriera. Nel 1888, dopo essersi diplomato presso l’accademia per ufficiali di cavalleria di Bucarest, prosegue gli studi a Berlino e Brueck. Nel 1913 viene nominato colonnello e Comandante in Capo presso lo Stato Maggiore del I corpo d’armata romeno. Il 15 agosto 1916 assume il comando della XVIII Corpo di fanteria e del III Corpo d’Armata. Nel febbraio 1918 viene promosso Maggiore Generale. Nel 1919 Comandante supremo delle forze armate di stanza in Transilvania. Si distingue nelle operazioni militari dell'aprile 1919 contro la Repubblica Sovietica Ungherese (marzo – agosto 1919) che gli varrà il conferimento Ordinul militar Mihai Viteazul clasa III. Nel 1922 e fino al 1929 sarà Ministro della Guerra.
7. Gheorghe Mironescu (Vaslui 28/1/1874 – Bucarest 9/10/1949) , membro di primo piano del  Partidul Naţional Ţărănesc . Ricopri la carica di Primo Ministro per due volte : la prima, dal 7 al 12 giugno 1930, la seconda dal 10 ottobre 1930 al 17 aprile 1931.
8. Dimitrie Ghica (1865 – 1964) fervente patriota, fu uno dei primi rappresentanti della Romania in Italia. Dal 27 aprile 1931 al  5 giugno 1932. Era fratello di Vladimir Ghika, protonotario di S. S Pio IX in Romania.
9. Vittorio Italico Zuppelli (Capodistria 6/3/1859 – Roma 21/1/1945) Dopo gli studi ginnasiali nella sua città natale, entra nel 1877 all’Accademia Reale di Torino dove uscirà con il grado di sottotenente di artiglieria. Nel 1899 viene nominato Tenente colonnello e successivamente colonnello (1896) . Partecipa alla guerra italo turca e , per meriti di guerra, ottiene la promozione a Maggiore Generale. Ministro della Guerra  due volte : la prima dal 30 Ottobre 1914 al 4 aprile 1916 , la seconda, dal 21 Marzo 1918 al 18 gennaio 1919. Senatore del Regno dal novembre del 1914, ricoprirà anche la carica di Vice Presidente del Senato dal 1924 al 1934. Pur essendo avanti con gli anni cercherà sempre di opporsi al regime fascista mantenendo immutata la sua fedeltà verso Casa Savoia.
10. Il Generale Ferigo era un profondo conoscitore della Romania essendo stato anche addetto militare dal 1916 al 1917 presso l’Ambasciata italiana di Bucarest.
11. Per una trattazione più completa dell’argomento rimandiamo all’ottimo lavoro di Stefan Delureanu, Voluntarii români în Italia şi idealul reîntregirii naţionale, în „Tomis“, an XXIII, 1988, nr. 8 (222), p. 13.