Errico e Bruto Amante, due personalità del Risorgimento italiano e romeno

Il prof. Nicola Terracciano ci presenta due volumi incentrati su due personaggi profondamente legati al Risorgimento italiano e romeno, Errico e Bruto Amante: AA.VV., Errico Amante e il figlio Bruto in rapporto al Risorgimento italiano e romeno.  Atti del Convegno nazionale di studi, Castello Gaetani, Fondi, 30 marzo 2012 (Graficart, Formia, 2012, pp. 127 con illustrazioni), con saggi dei professori Francesco Guida, Giuseppe Monsagrati, Nilo Cardillo, Nicola Terracciano e della dott.ssa Ramona Raus, e Bruto Amante, La Romania illustrata. Ricordi di viaggio (Graficart, Formia, 2012, pp. 302 con illustrazioni e «Le ragioni di una ristampa»). I due volumi sono stati pubblicati a cura del CREIA di Fondi (Latina).

Questo cofanetto con i due libri è frutto di un lungo lavoro di ricerca, di organizzazione, di stampa, nato dentro l'atmosfera civile del 150simo dell'Unità d'Italia, recuperando figure importanti, che erano state dimenticate, anzi rimosse per diversi motivi dalla memoria collettiva non solo a livello locale, ma nazionale, appartenenti alla importante regione storica di Terra di Lavoro, posta tra Napoli e Roma, abolita tragicamente dal fascismo nel 1927 e che comprendeva territori delle attuali province di Caserta, Latina, Frosinone, Isernia, Benevento, Napoli. Tra questi personaggi dimenticati della cara regione storica di Terra di Lavoro, anzi rimossi, si collocavano Errico Amante e il figlio Bruto, di Fondi (oggi in provincia di Latina), così profondamente legati al Risorgimento italiano e romeno.
Fondi è un vasto Comune (142 kmq, che ha però solo 39.000 abitanti), vivace cittadina dal punto di vista economico, turistico, collocata tra collina, vasta pianura, lago e mare, presso le note località balneari di Sperlonga e Terracina. Essa è sede di una antica e forte banca e sopratutto del Mercato Ortofrutticolo, che è considerato uno dei più importanti d'Italia e d'Europa. Ha tradizioni culturali particolari, avendo dato i natali a pittori, a letterati, a noti registi e sceneggiatori di cinema. Questo è il luogo, il mondo al quale furono profondamente legati gli Amante, che alla loro città dedicarono studi e ricerche ancora oggi fondamentali per la memoria di Fondi. Ma essi seppero aprirsi, oltre che alla loro piccola patria, anche alla grande patria Italia, e all'Europa latina nata da Roma e legata alla sua eredità, in particolare alla Romania, nella quale sia Errico che Bruto ritrovavano in forme più integre le virtù che avevano fatto grande Roma nel mondo antico.
Bruto è nome romanissimo, indicando colui che uccise Cesare che intendeva farsi tiranno e porre fine alla libera repubblica romana, morendo poi in battaglia per il suo ideale; fu scelto quindi non a caso dal padre Errico, che aveva dato altro nome romanissimo, Romolo, ad un altro suo figlio, prematuramente scomparso. L'altro figlio di Errico ebbe un nome risorgimentale, Manin, nel ricordo di Daniele Manin capo dell'insorta Venezia contro gli Austriaci nel 1848, che Errico conobbe di persona e ammirò, quando corse a difenderla con gli altri volontari napoletani.

L'opera culturale e civile degli Amante e il loro legame con la Romania

Roma, il Risorgimento italiano, la Confederazione latina, il Risorgimento della Romania furono quattro fondamentali stelle polari della vita di Errico Amante, nel solo del quale si pose con contributi originali l'opera culturale e civile del figlio Bruto.
Nella grande ansa del Danubio, protetta dietro dai Carpazi, si era mantenuta storicamente, in modo quasi miracoloso, una popolazione, quella romena, fedele alla civiltà romana, secondo gli Amante, più delle altre sorelle latine, come l'Italia, la Francia, la Spagna, il Portogallo, il Belgio, invase e contaminate pesantemente dall'elemento germanico (i Goti nelle loro varie articolazioni) e da altri popoli non romanizzati.
Nel popolo fratello, nei suoi uomini e anche e soprattutto nelle sue donne (richiamate, secondo me, dalla scelta di due figure femminili nella copertina del memorabile libro sulla Romania di Bruto Amante del 1888, la Regina Elisabetta, letterariamente ‘Carmen Sylva’ e la giovane e distinta contadina col suo elegante costume tradizionale, che aveva il nome di ‘Stoica’ e che Bruto conobbe durante un ballo popolare ʻhora’, organizzato in suo onore, nel quale fu anche coinvolto dal sign. Stolojanu, già ministro della giustizia, e dalla sua signora Olga, anch’ella col costume popolare, nella loro vasta tenuta di Hieresci, pochi chilometri prima di Bucarest, presso la stazione ferroviaria di Vidra), Errico e il figlio Bruto ritrovavano quella «virtù energica civilizzatrice», che era stata tipica dei Romani.
Elisabetta e Stoica sulla copertina del libro memorabile sono il simbolo del vero volto nobile della Romania, in tutti i suoi ceti sociali, dall’alto in basso, nei suoi valori fondanti di vita comunitaria, sociale, civile lungo i secoli: laboriosità quotidiana e serietà, distinzione e dignità, senso estetico e autenticità, curiosità e cultura, apertura e accoglienza.
Bruto faceva notare ad esempio come la Dobrugia dopo la riconquista romena del 1878 era stata attraversata da una febbrile azione di modernizzazione, che aveva posto fine all'arretrata, sonnolenta condizione sotto il dominio ottomano.
Portava come altro esempio la caratteristica forza dinamica e progressiva che le donne romene sapevano esprimere nelle località, dove si emigrava. A proposito del ruolo delle donne nella storia romena Amante ha dedicato ad esse due capitoli (l'XI Carmen Silva e il XII Donne scrittrici) del suo libro, soffermandosi ampiamente sulle rare letterate della Romania del secondo Ottocento, a partire dalla Regina Elisabetta (nota con lo pseudonimo di Carmen Silva) alla principessa Elena Ghica (nota con lo pseudonimo di Dora d'Istria), a Matilda Cugler, a Anna Verona Miclea, a Maria Flechtenmacher, a Giulia Sachellariu, a Eufrosina Hommoricenu, a Maria Suciu-Bosco, a Elena Novacu, a Elena Adensusenu, e Maria Slatineano nata Nicolescu, giudicata da Bruto come «Nestore della cultura femminile romena», infine e non ultima Maria Chitiu, moglie del direttore del giornale di Craiova «Carpaţii», indimenticabile studiosa della letteratura italiana e traduttrice della Divina Commedia di Dante.

Errico Amante, nato a Fondi nel 1816, era stato nella vita grande giurista, studioso della tradizione giuridica romana e di chi ne aveva ripreso la grandezza, come il grande filosofo napoletano Giambattista Vico, di cui divenne a Napoli un raro e noto interprete. Fu giudice, fino a divenire presidente di corte di appello, poi senatore nel 1880, con l'intervallo del suo impegno patriottico risorgimentale come volontario napoletano sui campi di Lombardia nel 1848, dove fu ferito, e poi difese nel 1849 la Repubblica di Venezia contro gli Austriaci con altri volontari napoletani. Conobbe la persecuzione sotto i Borboni fino alla liberazione di Garibaldi del Sud nel 1860.
Egli difese ed onorò la Patria con la penna, con la spada, con l'applicazione rigorosa ed equilibrata della legge, con la responsabilità politica, con la stampa. In particolare fu amico fraterno dalla giovinezza della grande personalità della cultura italiana ed europea Francesco De Sanctis, il più grande critico della letteratura italiana e tra i grandi di Europa, patriota e perseguitato dai Borbone come Amante e tanti altri intellettuali, che divenne dopo l'Unità Ministro della Pubblica Istruzione, di cui Bruto Amante fu segretario, amico, discepolo filiale (e si avverte nella scrittura densa ed elegante di Bruto nel libro sulla Romania, legata alla lezione magistrale desanctisiana) fino alla morte nel 1883, pochi mesi dopo la morte improvvisa del padre Errico a Napoli.
La città napoletana ha onorato in modo solenne la figura di Errico Amante, che è sepolto nel quadrato degli uomini illustri del cimitero napoletano di Poggioreale, accanto al suo amico De Sanctis e ad altri grandi, tanto da configurare un Pantheon del Mezzogiorno d'Italia.
Quando Errico Amante morì, vasta fu la eco in Romania per il cui Risorgimento, per la cui unificazione Errico Amante aveva fatto sentire fortemente la sua voce con articoli e una rivista, «La Confederazione Latina», edita prima a Macerata e poi a Roma dal 1872 al 1883. Due corone di fiori con i nastri tricolori romeni furono posti sulla sua bara a cura della stampa romena in Italia e prese la parola commosso il corrispondente del «Telegraful» di Bucarest, Vasile Cristoforeanu, che così disse: «La Romania ha perduto il più sincero e caldo difensore dei suoi diritti, l'Italia il gran patriota, il mondo latino il più fedele rappresentante del panlatinismo. In Romania la sua morte ha prodotto un immenso dolore ed un eterno rincrescimento. Questi uomini non dovrebbero morire mai».

Commosso dall’amore della Romania verso il padre e verso la sua opera, scosso dalle notizie che giungevano da Costanza di ritrovamenti archeologici che fissavano definitivamente la morte di Ovidio proprio a Costanza (e non altrove, come si favoleggiava), Bruto Amante fece un viaggio in Romania tra settembre e ottobre 1884, venendo in treno via Vienna, Budapest, Craiova, Bucarest. Qui visitò e onorò anzitutto il più nobile e noto patriota, politico e letterato dell’epoca, Costantino Rosetti, che era stato esule in Italia, che aveva conosciuto Mazzini e Garibaldi, che era stato amico del padre di Bruto, il citato senatore Errico. Rosetti fece dono a Bruto di una sua foto con firma e dedica (riportata a pag. 137), gli presentò varie personalità, come il filologo e storico Alessandro Hasdeu, direttore degli archivi di stato di Bucarest.
Bruto conobbe anche il Ministro della Pubblica Istruzione di allora, Gheorge Chitiu, già rivoluzionario del 1848, sindaco di Craiova, pubblicista, anche docente universitario di diritto e membro dell’Accademia Romena, e il suo segretario generale Gregorio Tocilescu, benemerito anche dell’archeologia, della filologia, della storia, in modo particolare della Dacia preromana. Il Ministro era esponente della nota famiglia di Craiova, legatissima alla cultura italiana, della quale faceva parte anche la citata Maria Chitiu, che, come si è detto, fu la prima traduttrice della Divina Commedia di Dante in Romania, una delle poche donne tra le studiose di Dante.
Con Maria Chitiu Bruto Amante intrattenne una corrispondenza durata più di venti anni, facendola conoscere anche all’ambiente critico e letterario italiano. La sua corrispondenza è stata ritrovata nel fondo archivistico dell’Accademia Romena, studiata e pubblicata in un saggio del 2010 dalla prof.ssa Raluca Tomi dell’Istituto di Storia «Nicolae Iorga» di Bucarest, che ho avuto il piacere di conoscere e che mi ha fatto dono del suo lavoro.
Bruto conobbe a Costanza il noto Remus Opreanu, cultore di archeologia e filologia e anche prefetto della città, che fu il promotore dell’innalzamento del monumento ad Ovidio, che ancora campeggia nel centro della cittadina, inaugurato il 30 agosto 1887 (riportato a pag. 291), opera dello scultore italiano Ettore Ferrari (amico di Bruto Amante, lavorando entrambi, tra l’altro, come alti dirigenti al Ministero della Pubblica Istruzione), che fu autore nel 1881 anche del monumento ad Heliade Radulescu, il padre della letteratura romena, fondatore e primo presidente dell’Accademia Romena nel 1866, in Piazza dell’Università a Bucarest, oltre che del notissimo monumento a Roma in onore del martire del libero pensiero Giordano Bruno, uno dei più grandi filosofi europei, il filosofo dell’infinito universo, degli infiniti mondi, che rompeva per sempre con l’immagine millenaria falsa del geocentrismo, della terra immobile in un piccolo universo chiuso, quale era stato fissato nella sistemazione classica antica dall’astronomo Tolomeo. Giordano Bruno fu mandato al rogo dalla fanatica e violenta inquisizione cattolica il 17 febbraio 1600.


Bruto Amante e i suoi «Ricordi di viaggio» in Romania


Il libro di Bruto Amante si compone di 18 capitoli e fu preparato con una cura particolare, sulla base degli appunti del viaggio, delle conoscenze possedute e delle amicizie acquisite, della vasta documentazione che portò con se e che man mano aggiunse. Impiegò quattro anni per completarlo, a testimoniare un impegno memorabile e volle farne un’opera rara anche dal punto di vista editoriale e tipografico, arricchendolo di illustrazioni e rivolgendosi per la copertina a colori, di rara bellezza, alla nota tipolitografia del monastero di Montecassino.
Ne venne fuori un lavoro che costituisce, secondo la valutazione recentissima ad esempio della citata prof.ssa Tomi, profonda conoscitrice della bibliografia italiana (e non solo) dei secoli scorsi sulla Romania, il più organico, serrato, scientifico lavoro complessivo che sia stato scritto sulla Romania della seconda metà dell’Ottocento. Bruto Amante in esso presenta i fondamentali lineamenti geografici, storici, etnografici, politici, letterari, scientifici, economici, religiosi della Romania, dando indimenticabili ritratti delle principali figure della storia romena, con rara sintesi, con chiara ed elegante scrittura, ma sempre con rigore estremo, sempre supportando le sue affermazioni con riferimenti di documenti e bibliografici, o facendo riferimento al suo viaggio e alle sue personali conoscenze.
Gli ultimi quattro capitoli sono dedicati giustamente ad Ovidio, perché è personalità gigantesca della letteratura antica e mondiale (Dante lo colloca nella Divina Commedia a fianco di Omero e di Virgilio). Il poeta memorabile dell’amore è, con Traiano, la figura che più stringe Roma e Dacia, Sulmona e Tomi-Costanza (le città della nascita e della morte), Italia e Romania.
Leggendo i Ricordi di viaggio di Bruto Amante si ha un quadro analitico sorprendente di quella straordinaria Romania liberale, costituzionale, aperta all'Europa che, se non avesse conosciuto le tragedie del Novecento, sarebbe divenuta una delle nazioni leader in Europa. Occorre che le generazioni romene di oggi recuperino quella loro grande patria perduta e la facciano rinascere nella loro memoria e nel loro cuore e, forti di questo giusto orgoglio, la riprendano e la sviluppino negli anni Duemila, come comunque stanno facendo, pur tra le tante difficoltà nazionali ed europee.
I ritrovati legami tra Italia e Romania, alimentati e arricchiti da costanti momenti pubblici di memoria, non potranno che essere positivi per lo sviluppo culturale, civile, anche economico tra i due Paesi e renderli più stretti collaboratori nella difficile, ardua, ma doverosa costruzione europea, che è il compito e il dovere della nostra generazione dopo le tragedie del Novecento.
L'Italia repubblicana libera e democratica e la cara sorella latina, la Romania repubblicana libera e democratica, sulla base granitica della loro comune nascita latina, strette più intimamente nella nostra comune patria europea, possono contribuire in modo cruciale a far raggiungere quell'ideale e quello stato che Errico Amante e il figlio Bruto ponevano come obiettivo urgente e importante con la profetica «Confederazione Latina» già negli anni Ottanta dell'Ottocento, intuendo le tragedie che potevano venire dal pangermanesimo e dal panslavismo: «In foedere et praesidium et pax», nella nostra unione stretta soltanto vi possono essere sicurezza, sviluppo e pace.

I due volumi sono stati presentati dal sottoscritto, oltre che nella cittadina natale degli Amante, Fondi, anche presso la Facoltà di Storia e Filosofia dell'Università di Cluj-Napoca, su iniziativa del prof. Ion Carja, la Biblioteca distrettuale di Ploiesti, diretta dal l'indimenticabile prof. Nicolae Boaru, recentemente scomparso, e il 6 novembre scorso, insieme all'altro curatore dell'opera, l'amico prof. Nilo Cardillo (che l'aveva presentata a sua volta sia a Fondi, sia all'Accademia di Romania di Roma, all'interno di una iniziativa del prof. Francesco Guida, autore di uno dei saggi del volume degli Atti), a Venezia presso il prestigioso Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica, diretto dal prof. Rudolf Dinu.



Nicola Terracciano
(n. 12, dicembre 2013, anno III)