Invito alla storia: il nuovo Atlante Storico Zanichelli 2013

Nell’epoca dell’interconnessione globale, degli sconvolgimenti planetari e delle notizie in tempo reale, la pletora delle informazioni che ci giungono da ogni angolo del mondo induce spesso a comprimere lo sguardo sull’immediatezza pluriparcellizzata del presente. Faccenda non di poco conto: da una simile riduzione di prospettiva, mortificante e pericolosa, deriva infatti il rischio di perdere profondità storica, ossia la consapevolezza delle premesse e delle connessioni senza le quali si fraintende il presente e si fuorvia anche la traiettoria del futuro. Insomma, un gigantesco albero con una miriade di foglie, ma depauperato di radici.

In tale scenario, più che mai necessaria è l’opera di chi lavora per la custodia della memoria e l’intelligenza del passato, da cui sempre siamo mossi – lo sappiamo o meno – come da linfa costitutiva che scorre nelle profondità del nostro presente. Nel panorama delle pubblicazioni che hanno fatto proprio, per mission e genere letterario, l’obiettivo di tenere desta, nella sua più vasta ampiezza, la consapevolezza e conoscenza dello sfondo storico, spicca l’Atlante Storico 2013 edito da Zanichelli (Bologna 2012), poderosa opera in due volumi (più dvd-rom) che spazia dalla preistoria ai nostri giorni.

Rassegna informativa e intelligenza interpretativa

Il volume si distingue in due parti e tomi, editorialmente distinti ma del tutto organici tra loro ed essenzialmente relati: la prima parte, opera di un numeroso gruppo di storici e cartografi francesi, coordinati da Pierre Vidal-Naquet e Jacques Bertin (tant’è che il volume è stato pubblicato in edizione originale da Hachette), arriva fino agli Novanta, quando con la fine della Guerra fredda lo scenario globale ha iniziato un radicale processo di cambiamento; la seconda, frutto di un lavoro redazionale tutto italiano, va dalla caduta del Muro di Berlino fino ai nostri giorni, includendo vicende complesse (guerra nei Balcani, guerre al terrorismo in Iraq e Afghanistan, primavera araba ecc.) e grandi questioni (prospettive dell’Unione Europea e delle organizzazioni internazionali, globalizzazione, ascesa dell’Oriente ecc.).
Come si può facilmente immaginare, un lavoro di questa portata contenutistica non può né prefiggersi una (del resto impossibile) esaustività contenutistica, né limitarsi ad una (del resto inutile) secca elencazione di date e nomi. Piuttosto, la logica editoriale che presiede alla costruzione dell’opera punta ad una mediazione tra le esigenze della rassegna informativa e quelle della intelligenza interpretativa, scandendo sistematicamente l’intero percorso storico dell’umanità in una sequenza di schede tematiche a doppia pagina, incentrate ciascuna su un preciso momento e argomento. La presentazione e redazione contenutistica di queste schede, poi, è sistematicamente affidata a quattro componenti che interagiscono tra di loro: testo, carte geografiche, cronologia, immagini. Come scrive il direttore Vidal-Naquet, «le carte geografiche mostrano come si possa rappresentare graficamente una fase, estesa o limitata, della storia, dalla guerra mondiale alla Grecia delle città-stato. I testi si sforzano di tratteggiare, a loro modo, la logica di un’epoca e di una società. La cronologia fissa dei punti di riferimento e definisce la successione degli avvenimenti. Infine le immagini, (…) belle e rappresentative di un’epoca o di un’evoluzione». Logica di un’epoca-società, dunque, e riferimenti temporali corredati di esemplificazioni contestuali: ecco il senso dell’operazione che l’Atlante Storico Zanichelli persegue.

Romania, tra citazioni e prospettive

Un avvincente invito alla storia: ecco il primo e più forte impatto che le pagine di quest’opera suscitano. Vicende, connessioni, processi, personaggi, congiunture, implicazioni: un mare immenso di umanità – azione e passione, pensiero e contemplazione, successo e sconfitta, piacere e dolore – si squaderna lungo i secoli e tra le latitudini, mentre il lettore è invitato e rimandato, dalla ricchezza di efficaci spunti (testi, appunto, ma anche cartine, fotografie, schemi), all’esigenza di approfondimenti su questo o quell’aspetto.
E la Romania? Dove ne troviamo introdotto il richiamo? In quest’opera, sempre e inevitabilmente in contesti di relazioni e di vicende sovranazionali. Vediamole nel dettaglio.
Il primo luogo in cui l’Atlante menziona la Romania è il quadro dei rapporti conflittuali tra Austria-Ungheria e Russia, con speciale riferimento al periodo post-rivoluzionario del 1848 e alla guerra di Crimea: è la «stagione aurea» dell’unificazione di Moldavia e Valacchia, atto di nascita della Romania moderna (vol. 1, pp. 232-233). Il secondo momento che vede in scena il Paese è la Grande Guerra: dalla dichiarazione all’Austria (1915, con conseguente offensiva austriaca e caduta di Bucarest) al Trattato di Trianon (1920), la ridefinizione degli scenari nazionali europei coinvolge anche la Romania, che in quegli anni ritrova come propri territori anche Transilvania e Bessarabia (vol. 1, pp. 246-253). Dopo un rapidissimo cenno alle vicende interbelliche, nel quadro dei nuovi movimenti e fronti popolari che si diffusero in Europa (per la Romania si richiama la soppressione delle «Guardie di Ferro» di Codreanu, avvenuta nel 1938, vol. 1, p. 261), le ultime due menzioni tematicamente più significative hanno a che fare con il periodo comunista e la sua conclusione. In entrambi i casi, si sottolinea l’atteggiamento critico della dirigenza romena verso Mosca e le connesse pulsioni nazionalistiche. Così, ad esempio, si profila l’iniziativa con cui il Partito comunista romeno afferma solennemente il proprio diritto all’autonomia da Mosca il 27 aprile 1964: «La Romania, che teme di vedersi confinata al ruolo di Paese meramente agricolo, rifiuta la divisione del lavoro su scala internazionale imposta dalla logica del blocco sovietico, ottenendo soddisfazione grazie anche all’appoggio dei cinesi» (vol. 1, p. 294). Con una sottolineatura non di poco conto: «Nei Balcani, l’opposizione all’autorità di Mosca e la richiesta di una maggiore autonomia erano state spesso legate al nazionalismo (Tito, Ceauşescu)… In Romania e in Iugoslavia i dirigenti fomentano le pulsioni nazionalistiche per rafforzare il loro potere» (vol. 2, p. 8).
Al nuovo corso europeo della Romania, l’Atlante dedica non più della menzione dell’ingresso nell’Unione Europea, avvenuta come noto il 1° gennaio 2007. Niente più di una data. Poco. Ma sarebbe difficile chiedere di più quando la reale integrazione culturale della Romania nell’Europa socio-politica è una pagina ancora tutta da scrivere. E per la quale, forse, occorrerà parecchio tempo prima che avvenga nei fatti e in profondità.


Giovanni Ruggeri
(n. 3, marzo 2013, anno III)