«La voce che non sai da che parte lasciare». Versi di Stefano Raimondi

Pubblichiamo una selezione di versi della raccolta inedita Teatro delle corsie di Stefano Raimondi (Milano, 1964), poeta e critico letterario che si interessa anche di letteratura romena, in particolare di Paul Celan e Benjamin Fondane. Sue poesie sono apparse nell’Almanacco dello Specchio (Mondadori, 2006). Ha pubblicato Invernale (Lietocolle, 1999); Una lettura d’anni, in Poesia Contemporanea. Settimo quaderno italiano (Marcos y Marcos, 2001); La città dell’orto, (Casagrande, 2002); Il mare dietro l’autostrada (Lietocolle, 2005), Interni con finestre (La Vita Felice, 2009), Per restare fedeli (Transeuropa 2013). È inoltre autore di: La ‘Frontiera’ di Vittorio Sereni. Una vicenda poetica (1935-1941), (Unicopli, 2000), Il male del reticolato. Lo sguardo estremo nella poesia di Vittorio Sereni e René Char, (CUEM, 2007), Portatori di silenzio (Mimesis, 2012) e curatore dei seguenti volumi: Poesia @ Luoghi Esposizioni Connessioni (CUEM, 2002) e [con Gabriele Scaramuzza] La parola in udienza. Paul Celan e George Steiner (CUEM, 2008). È tra i fondatori della rivista di filosofia «Materiali di estetica». Collabora a «PULP libri», «Più Libri», «Poesia» e tiene corsi sulla poesia in diverse associazioni culturali e strutture scolastiche. Curatore del ciclo d’incontri «Parole Urbane».


Che cadano veloci i chicchi dai germogli
i rumori sordi della paura
i bordi delle ombre sopra i muri.
Sarai tu la stagione che ricorderò bene.



È qui che cerco la linea diritta dello zenzero
il verderame che resta sulle grondaie
lo spasimo dello zucchero che si scioglie
nell'angolo alto della tazza; da qui
dove ti aspetto d'ora in poi per sempre
lasciando che passi tutto
in un setaccio largo.

*


Si chiedono ai muri le ombre
i segnali delle parole pronte
ad esplodere, andare via.


Come sono duri i bambini quando si salutano
quando lo sanno che il giorno è già finito
che la palla è di qualcuno che la tiene
e il pomeriggio è vicino al mezzogiorno.

Come sono spezzate le parole quando
da qualcuno si parte, si va via da un cerchio
che ti ha tenuto a bada come un cortile gridato
piano fin dentro le costole, dentro
la tua età che salta il cancello con le mani
legate e la voce che non sai da che parte lasciare:
in quale gara.

 

*

Le storie stanno dove si raccontano:
nel loro modo acuto di restare
tra le parole nel loro rimanere
vicino al vero, al sogno di qualcuno.

*

 

Sono così poche le parole che si credono vere
i grani di luce che si contano piano
a un passo solo dal buio.


È dal mondo che arriva sempre la consolazione
dalle cose strette bene, dagli abbracci presi
in fila, accanto ai baci o da quello strano modo
di decidere la vita, la parola da leggere tutta intera
il mondo con dentro il paesaggio.

È da qui che chiamo per chiamarti
che vedo e non sono io il vero, ma tu
che mi continui intorno
senza linea, né cerchio
senza punto.

Ho lasciato briciole sul davanzale per la luce
che scende,  per i merli che giocano con la sera.

*

Eccoti finalmente voltato
dalla parte del cielo.


Aspettare che tutto si muova
che tutto diventi vero come
questa luce che viene dal chiuso
col respiro infilzato sul dorso
da un palombaro che sale
come una promessa data
con parole diurne
tagliate dal chiaro, uscite di sbieco
dalle corsie.


(n. 4, aprile 2013, anno III)