«Scrivo amore con un nodo in gola». Versi di Dan Sociu

Quando si comincia a leggere poesia romena contemporanea, a prescindere dal luogo in cui ti conduca il gusto personale, ovunque cada il tuo occhio di lettore, inevitabile è il ritrovarsi dentro una rete. La rete delle generazioni poetiche. A partire dai şaptezecişti (autori che hanno debuttato negli anni ’70), e con una ciclicità decennale, per ogni generazione è stato possibile osservare canoni, centri tematici e stilistici comuni al rispettivo gruppo di poeti, segni profondi e peculiari al punto da essere riconosciuti in medias res, dalla critica e dagli stessi autori. Peculiarità della poesia romena, pare, ma di cosa si tratta alla fine dei conti? Della risposta decennale dell’artista, che vive in uno stato socialista a piano quinquennale? Forse sì, o forse, più semplicemente, questi sono stati i tempi del giro di vite del regime Ceauşista, da cui è scaturito il resto. In ogni caso, si è arrivati fino ad oggi, aggiungendo una maglia in più alla rete, fino ai douămiişti vale a dire i numerosissimi giovani poeti che hanno debuttato dal duemila ad oggi.
Ma non è una generazione come le altre. Non si riconosce generazione, tanto per cominciare, per lo meno non tutti. In molti la ritengono un capriccio da critica letteraria, altri la usano per comodità, ma nel momento in cui si cerca di individuare tratti comuni, sufficienti a creare «la generazione» allora i dubbi di continuità si fanno maggiori.
Più voci dichiarano, ad esempio, che il ribellismo e la postura anti-libresca e anti-letteraria siano alcune delle peculiarità dei douamiişti, sebbene sia immediata la replica per cui, al contrario, i giovani poeti possono vantare una robusta cultura letteraria, la cui eco si sente spesso nelle loro poesie. Il fatto è che, dopo la Rivoluzione, gli anni ’90 furono qualcosa ancora a metà strada tra il vecchio e il nuovo (e anche la generazione poetica che debutta in quel decennio, in un certo modo continua l’opera della generazione precedente, gli optzecişti appunto), mentre a partire dal 2000, le cose si muovono ad un’altra velocità. E in questo vortice di nuovo, che è stata la Romania del nuovo millennio, è ancora possibile parlare di peculiarità poetiche? La discussione, legittima, è ancora in corso.

Al di là di qualsiasi altra divisione, vera o presunta, quello che si è scritto in lingua romena negli ultimi tredici anni è l’unica cosa che resta, ed è una vera fortuna, perché è ricca, tanta, diversificata. Qualcosa in comune, evidentemente, esiste: una certa raffigurazione dell’io, ad esempio, raccontato con la sincerità dell’autobiografia cruda e reale, drammatica senza essere mai patetica, allucinata. Ancora, l’ossessione per il corpo, spesso scosso da tremiti, insanguinato, evanescente, putrefatto, corpo proletario affamato dalla società capitalista. Post-comunista. Si potrebbe azzardare ancora una caratteristica, lo smarrimento dell’io che osserva i cambiamenti storici sulla propria pelle, frantumato da quei cambiamenti e incapace di ricomporre in modo organico la rottura storica tra adolescenza e maturità. Autenticismo, quindi, ma anche biografismo, miserabilismo, ironia e autoironia, minimalismo, a cui si aggiunge ancora qualcosa, una grande consapevolezza poetica, dell’esser poeta.

In questo panorama, una delle voci più interessanti è quella di Dan Sociu, classe 1978. Nato a Botoşani, nel 2002 debutta con la raccolta poetica Barattoli ben chiusi, soldi per un’altra settimana (borcane bine legate, bani pentru încă o săptămână), seguita, nel 2004 da Il fratello pidocchio (fratele păduche)e nel 2005 dalla raccolta Canti eCCessivi (cântece eXcesive). Nella primavera del 2011 pubblica Pavor notturno (Pavor nocturn) e ancora, nel 2012 è la volta di Poesie ingenue e sentimentali (Poezii naive şi sentimentale).
Nel susseguirsi delle opere, ciò che subito appare con chiarezza è la coerenza tematica e stilistica dell’autore. Sociu scrive in modo sapiente, è conscio dei propri strumenti e li utilizza al meglio, rivolgendosi al lettore in modo diretto e potente, una sorta di «épater le bourgeois» che avviene raccontando semplicemente il reale, quello del poeta, quello di un uomo qualsiasi. Tutti i suoi libri fino ad ora (compresi due romanzi, pubblicati entrambi nel 2008) mettono insieme e rivelano progressivamente un personaggio ispirato direttamente a Sociu, che ne porta il nome e i dati biografici.
Dan Sociu scrive di Dan Sociu, e questo perché non si tratta di costruire un’immagine, ma di esplorare ed esprimere un’individualità umana comune e allo stesso tempo singolare, com’è per ciascuno di noi nella propria esistenza. Da qui, la necessità dell’autobiografia, dell’autenticità che diventa scopo e colonna vertebrale del progetto artistico dell’autore.
Accanto a questo, seguendo il filo rosso di continuità che lega le varie raccolte, assistiamo ad una sorta di scarnificazione delle emozioni.
Sociu è un poeta cinico, ed è questo il primo filtro della sua scrittura: i suoi «personaggi» spesso sono sottoproletari con una vita complicata, dura e alcoolica, che si muovono senza sosta trascinandosi dietro una sorta di colpa sociale che allo stesso tempo è anche rivolta sociale. La descrizione «realistica» del reale, crudo e brutale come può essere, contiene già in sé una critica al reale stesso, e le epifanie spesso ingenue che lo illuminano a sprazzi, mettono a fuoco proprio le disfunzioni del mondo, le storture. D’altra parte, Sociu è anche un poeta capace di misticismo (Pavor notturno lo dimostra), e la sua poesia allora diventa voce-fantasma di un uomo staccato dal mondo, una coscienza scarnificata, espressa in quel formal feeling che Emily Dickinson diceva facesse seguito a una grande sofferenza.
La formula espressiva, forse una delle maggiori peculiarità dell’autore, è sferzante, incalzante, minimale più che minimalista, nel senso che non necessita strutture simboliche ampie e, al contrario, è spesso giocata su ritmi serrati, urgenti, di apnea o fretta esistenziale. L’andamento dei testi è spesso diviso in tre momenti, in cui incipit e conclusione sono esplosivi, nel cercare – ed ottenere – l’effetto, e sostenuti dall’immagine centrale, più narrativa, ma allo stesso tempo concisa nel disegnare la scena, nel consegnare pezzi di vissuto radicalizzati e concentrati in poche proposizioni.




Dal vol. Fratele păduche

***

torno ogni inverno a casa a botoşani
per guardarmi le mani alla luce della mia stanza
sono stanche e si lasciano guardare i palmi con
piccole vene che sporgono in fuori come
rigagnoli azzurrastri-ghiacciati sulle cui

rive non verrebbe nessuno a tirar su una
città, forse solo una senza abitanti
con due o tre abitanti che portano nomi stranieri
difficili da chiamare con facce brutte da uomini
che non vorresti vedere che non
lasceresti mai entrare in casa



***

mă întorc în fiecare iarnă acasă la botoşani
pentru a-mi vedea mîinile la lumina camerei mele
obosesc şi se lasă privite palmele cu
vinişoare ieşite-n afară ca nişte
pîrăiaşe albăstru-îngheţate pe malurile

cărora n-ar veni nimeni să ridice un
oraş poate doar unul fără locuitori
cu doi trei locuitori purtînd nume străine
greu de strigat cu feţe urîte de oameni
pe care n-ai vrea să-i vezi pe care nu i-ai
primi niciodată în casă



Dal vol. cîntece eXcesive

rinuncia ai giochetti
vestiti con un sacco
inasprisciti
fatti una legge contro di me
fatti una casa con me
la casa dei pegni
nel cellulare della polizia
al pronto soccorso
sui tetti
tra i rifiuti caduti dal cielo
nudi, con le bocche
con i buchi
spalancati
ad aspettare il vento rabbioso
che ci pulisca
le budella
sdraiati accanto a me in una betoniera
due aborti trovati in un container
due carogne abbracciate in un portabagagli
non muoverti
qualcosa in noi
ancora respira
sotto le tonnellate di cemento
schifo d’amore vorrei ricominciarlo da capo
che io e te abbiamo mangiato tutto
bevuto, fottuto tutto
quello che si poteva uno dall’altro
insieme abbiamo spremuto pustole
pidocchi
che ne sanno questi
che gli diciamo noi a questi
di noi
che possiamo dire ancora
sotto il soffitto illuminato di urla
ci sputiamo addosso
con le bocche secche di odio.



renunţă la smacuri
îmbracă-te-n saci
înăspreşte-te
fă-te o lege împotriva mea
fă-ţi casă cu mine
la casa de amanet
în duba poliţiei
la urgenţe
pe acoperişuri
printre gunoaie căzute din cer
goi cu gurile
cu găurile
larg deschise
s-aşteptăm vîntul turbat
care să ne cureţe
maţele
culcă-te lîngă mine în betonieră
doi avortoni gasiţi în container
două hoituri îmbrăţişate-n portbagaj
nu mişca
ceva în noi
încă respiră
sub tonele de ciment
scîrba de dragoste vrea s-o ia de la capăt
că io şi tu am mîncat tot
am băut am futut tot
ce se putea unu la altul
împreun-am strivit coşuri
păduchi
ce ştiu ăştia
ce să le zicem noi ăstora
despre noi
ce să ne mai zicem
sub tavanul luminat de urlete
ne scuipăm
cu gurile uscate de ură



amore con l’ovatta nelle narici
amore con i soldi in petto
voglio scrivere di te
come scriverebbe un cane
con la faccia nel lenzuolo
sniffo riga dopo riga
il tuo odore
in ginocchio
ti vedo che vai
con il sole nello stomaco
presa tra le macchine
in mezzo alla strada
come in mezzo all’inferno
senti la mia bocca
che ti soffoca



dragoste cu vată-n nări
dragoste cu bani pe piept
vreau să scriu despre tine
cum ar scrie un cîine
cu faţa-n cearşaf
prizez linie după linie
din mirosul tău
în genunchi
te văd cum te duci
cu soarele-n stomac
prinsă-ntre maşini
în mijlocul străzii
ca-n mijlocul iadului
simţi gura mea
cum te sufocă





la nostra casa
e il giardino solo cemento non
ti posso nascondere
tra le fronde degli alberi
non possiamo buttarci di spalle
nell’erba
in cucina
ci tremano
le mani
non possiamo portarle alla bocca
in camera da letto
non sei mai
sotto le coperte
cerchiamo di indovinare
lo stomaco di chi brontola
le gambe di chi sanguinano
l’anno prossimo
dici
l’anno prossimo
come diresti
l’anno scorso
un’altra volta



casa noastră
şi grădina numai ciment nu
te pot ascunde
după tufe copaci
nu ne putem arunca pe spate
în iarbă
în bucătărie
ne tremură
mîinile
nu putem duce la gură
în dormitor
nu eşti niciodată
sub pături
încercăm să ghicim
maţele căruia dintre noi ghiorăie
picioarele cui sîngerează
la anul
zici
la anul
ca şi cum ai spune
anul trecut
altădată



dico amore in una lingua
imparata dalle interdizioni
scrivo amore con un nodo in gola
una femmina alta
mi spia
mi colpisce le falangi
con una riga di ferro
amore cacciato
di casa
tu conosci l’amore
solo come una fuga da casa
ansimi sotto di me
come alla fine della fuga
e alla fine non ti aspetta
niente
nessuno neppure io
sussurri amore con un nodo in gola
ascolti tremando
casa tua
come bussa forte alla porta
il loro amore minaccia
ci tireranno fuori per i capelli
nudi nella tromba delle scale
ci parleranno nella loro lingua
la nostra lingua d’amore



spun dragoste într-o limbă
învăţată din interdicţii
scriu dragoste cu noduri în gît
o femelă înaltă
mă pîndeşte
îmi zdrobeşte falangele
cu o riglă de fier
dragoste dată afară
din casă
tu ştii dragostea
doar ca pe-o fugă de-acasă
gîfîi sub mine
ca la capătul fugii
şi la capăt nu te-aşteaptă
nimic
nimeni nici măcar eu
şopteşti dragoste cu noduri în gît
asculţi tremurînd
casa ta
cum se izbeşte în uşă
dragostea lor ameninţă
ne vor scoate de păr
goi pe casa scărilor
ne vor vorbi în limba lor
limba noastră de dragoste



amore con i miei vestiti
portati in braccio all’ospedale
amore con tutto il piombo della città
nel sangue
il mio soldatino di piombo
che io e te siamo stati versati
dallo stesso cucchiaio di piombo
sorella mia di cucchiaio
io e te ci siamo fatti
casa di notte
sulla porta delle farmacie chiuse tremando
io e te dormivamo abbracciati
ogni notte su un’altra barella
come ricconi
io e te marciavamo distrutti senza scopo
con un unico scopo preciso oscuro
borbottando l’unica preghiera
che conoscevamo angelo
angioletto mio
solo in faccia
non darmele




dragoste cu hainele mele
aduse în braţe de la spital
dragoste cu tot plumbul oraşului
în sînge
soldăţelul meu de plumb
că io şi tu am fost turnaţi
din aceeaşi lingură de plumb
sora mea de lingură
io şi tu ne-am făcut
casă noaptea
pe pragul farmaciilor închise tremurînd
io şi tu adormeam îmbrăţişaţi
în fiecare noapte pe altă targă
ca bogătanii
io şi tu mărşăluiam rupţi fără scop
cu un singur scop precis întunecat
bolborosind singura rugăciune
pe care-o ştiam înger
îngeraşul meu
numa-n faţă
să nu dai




Dal volume: Pavor nocturn

se non ti guarisce del tutto non ti guarisce per niente
pedalo tra gli alberi, mi brutalizzo
per tenere l’ormone della felicità in superficie. potrei passarci
attraverso direttamente, nei miei movimenti senza futuro.



dacă nu te vindecă de tot nu te vindecă deloc
pedalez printre copaci, mă brutalizez
să ţin hormonul fericirii la suprafaţă. aş putea trece
direct prin ei, în mişcările mele fără viitor



sapevo di essere da qualche parte su una mappa al di sopra
di tutti i luoghi e quando di mattina sei rimasta
da me, l’ho sentito quasi fisicamente.
eravamo stesi su due letti
in una camera d’albergo fredda
ed eravamo nell’ultima camera del mondo.
dietro la testa oltre la parete non c’era più niente:
freddo e non-chiaro. sotto la coperta le nostre dita
dei piedi tese
e più lontano i giorni venuti e andati,
con tutta la loro luce a fluttuarci sopra.



ştiam că sînt undeva pe hartă deasupra
tuturor locurilor şi cînd ai rămas dimineaţa
la mine, am simţit-o aproape fizic.
eram întinşi pe două paturi
în camera rece de hotel
şi eram în ultima cameră a lumii.
în spatele capului după perete nu mai era nimic:
rece şi neclar. sub pătură degetele noastre
de la picioare întinse
şi mai departe zilele venite şi duse,
cu toată lumina lor plutind pe deasupra.



in una galassia lontana, un milione di anni fa
ci sono stati giorni d’estate in cui, verso il tramonto,
al ritorno a casa, avremmo potuto rimanere una famiglia
giovane, con il sale di mare sulla pelle, il futuro intatto e
i nuclei degli atomi con la loro struttura iniziale. una breve pioggia
si sarebbe consumata sulle fiamme, arcuandosi su
l’autostrada, senza toccarla.
ma quelle estati sono finite, adesso
non sarebbe state altro che un giro furioso, senza attrito,
tra le ombre.



într-o galaxie îndepărtată, cu milioane de ani în urmă,
au fost zile de vară cînd, spre sfîrşitul lor,
la întoarcerea acasă, am fi putut să rămînem o familie
tînără, cu sare de mare pe piele, viitorul intact şi
nucleele atomilor în specia lor iniţială. o ploaie
scurtă s-ar fi topit deasupra flăcărilor, arcuindu-se
peste autostradă, fără să o atingă.
dar verile acelea s-au terminat, acum
n-ar fi decît un ocol furios, fără impact,
printre umbre



d’inverno la terra ha raggiunto i margini del sistema
e n’è uscita. l’ho sentito chiaramente quando è andata via. la luna
si è scossa e si è intorbidita, come iniettata
con un liquido di contrasto. ma molto meno
drammatico, quasi per niente,
come tutto ciò che è stato ed è passato.



în iarnă pămîntul a ajuns la marginea sistemului
şi a ieşit. am simţit clar cînd s-a dus. luna
s-a clătinat şi s-a tulburat, ca injectată
cu o substanţă de contrast. dar mult mai puţin
dramatic, aproape deloc,
ca tot ce a fost şi-a trecut



Presentazione e traduzione
a cura di Clara Mitola
 


Nota bio-bibliografica

Dan Sociu nasce a Botoşani il 20 maggio 1978. Esordisce nel 2002 con il volume di poesie Barattoli ben chiusi, soldi per un’altra settimana (borcane bine legate, bani pentru încă o săptămână, Junimea), grazie al quale si aggiudica il Premio Nazionale Mihai Eminescu per il debutto. Nel 2004 pubblica Il fratello pidocchio (fratele păduche, Vinea)e ancora nel 2005 il volume Canti eCCessivi (cântece eXcesive, Cartea Românească), insignito del premio per la Poesia dell’Unione degli Scrittori Romeni, come miglior libro di poesie dell’anno. Nella primavera del 2011 pubblica Pavor notturno. La sua ultima raccolta, Poesie ingenue e sentimentali risale allo scorso inverno 2012. Nel 2008 il suo debutto in prosa, con il romanzo Urbancolia (Urbancolia) a cui segue, sempre nello stesso anno, Necessità Speciali (Nevoi Speciale).
Sociu si distingue anche come traduttore. Si deve a lui la prima raccolta in lingua romena delle poesie di Charles Bukovski (L’amore è un cane che viene dall’inferno) nel 2007, accanto ad autori come Seamus Heaney, E. E. Cummings, Jack Kerouac e Aleksandar Hemon.

(n. 6, giugno 2013, anno III)