«Non sarà tempo di uccidere il tuo essere». Versi di Cezar Ivănescu

Nato nel 1941 nella città di Bârlad (Moldavia), Cezar Ivănescu è un punto di riferimento della poesia romena contemporanea. Il suo debutto risale al lontano ’69 col volume Rod (Creato), la cui significanza del titolo si protrarrà lungo gli anni nei volumi che seguiranno. Tra i più recenti ricordiamo A Baad (1979) e Fragmente din Muzeon (1982), Doina. Cantilenă, 1987 (volume stroncato dalla censura di regime, Alte fragmente din Muzeon (1992, premio dell’Unione degli Scrittori della Romania), Efebul de la Maraton (2000, un’antologia d’autore che riunisce quasi tutte le sue raccolte), La Baad/In Baad, 2006, edizione bilingue romeno-inglese.
Il 10 dicembre, 12 giorni prima della Rivoluzione Romena del 1989, aveva dedicato a Mihai Eminescu, sotto un titolo polisemico, Doina, uno spettacolo di musica e poesia. Il 14 giugno del 1990 Cezar Ivanescu fu una delle tante vittime dei minatori chiamati a Bucarest per ridurre al silenzio le voci degli intellettuali liberisti e riformisti. Questa «terrificante giornata della storia del popolo romeno da me stesso vissuta» causò al poeta (vero campione di scioperi della fame contro i responsabili culturali del regime, a partire dagli anni sessanta, quale studente dell’Università della città di Iaşi) gravi traumi psichici e fisici. Nel 1999 gli fu assegnato il premio nazionale di poesia «Mihai Eminescu». Dall’anno 2000 è stato direttore della Editrice Junimea fino alla sua morte tragica nel 2008.

Se fosse vissuto nel Medioevo, Cezar Ivănescu sarebbe stato certamente un monaco scomunicato per la sua opera scismatica: benché apparentemente i testi osservassero i canoni e i dogmi della teologia, essi infatti avrebbero minato dal di dentro l’equilibrio dell’armonia in Dio, minacciando lo stesso sistema etico-filosofico della fede religiosa. Grido della nostra fralezza votata alla morte, pianto salmico e insieme cantico da trovatore straziato tra sacro e profano, la poesia di Cezar Ivănescu è un flusso ininterrotto in cui si intersecano registri sonori distinti, espressioni e sostanze polifoniche del suo vissuto orfico.
Cezar Ivanescu più di ogni altro articola e soffre nella frequente ripetizione del vocabolo «morte», la parola chiave di quasi tutta la sua poesia che ci offre la cifra della sua avventura metafisica, impresa gnostica e insieme poetica. L’ammaestramento della morte e l’annullamento della sua minaccia tramite l’incantesimo sinfonico del componimento, rare volte turbato da accenti parodici, è la sua stessa arte poetica: l’esorcismo polifonico della morte. Il perpetuo richiamo all’energia cosmica non diventa solo un rito poetante bensì un rimedio omeopatico; questo incessante abbordo della morte genera di per sé un contagio e un’alterazione del sistema vitale, sicché lo stesso eros odora della fragranza e del pallore della morte. La musica nella poesia di Cezar Ivanescu sprigiona dagli stessi interstizi testuali e semantici, generando una cantilena con variazioni di antifrasi e stances, condite di un’indicibile, sublime ironia.
Le raccolte del poeta offrono un universo di (eccelso) supplizio spirituale che contiene in sé anche i dati agonistici di un trionfo sulle proprie angosce. La tensione, il più delle volte sovrumana, non è solo quella dello spirito e del corpo, ma anche dell’orchestrazione melodica, l’equipollente della più raffinata naturalezza.              

Pubblichiamo una selezione di versi estratti dal volume di saggi e testi poetici in romeno e italiano Sogno Suono Segno a cura di Geo Vasile (Editrice Il Foglio, Piombino, 2014).
                       

Torre 1

! l’androne gelato nel bruciore del buio
s’innalzava sembrando di ostinarsi a mettere sul viso
dei morti una maschera mortuaria come un orango
ammaestrato. La Torre si chiamava la Torre del Principe Felice,
La Torre della Perfezione Violata.
La Torre dell’Angolo, la Torre del Cavalier Rimpianto,
La Torre del Bambin Morto, La Torre
Mite, la Torre Pallida, la Torre dell’Amante della Morte:
Blum-blum si sentiva il Verme picchiare la testa
contro il marmo dei gradini: fratello mio, non posso
aiutarti! Illumina il tuo viso! Guardami in faccia!
Non vergognarti di uccidermi, ma guardami in faccia!
Come un granchio di sangue il cuore incomincia la corsa
e non puoi dargli la caccia senza posa. Blum-blum,
Blum-blum, blum-blum, senti battere i neri torrenti
di sangue al Trono della Morte al Trono Assoluto della Morte
e la Morte piange nella perfezione della solitudine!

 

Turn 1

! gangul îngheţat în usturimea întunericului se
înălţa cu aerul că se obstinează să aşeze morţilor
pe faţă o mască mortuară ca un urangutan
disciplinat.Turnul se numea Turnul Prinţului Fericit,
Turnul Perfecţiunii Violate,
Turnul Unghiului, Turnul Cavalerului Plâns,
Turnul Copilului mort, Turnul
Blând, Turnul Palid, Turnul Iubitorului Morţii:
Blum-blum se auzea Viermele căzând cu capul de
marmora treptelor: fratele meu, nu-ţi pot veni în
ajutor ! Luminează-ţi faţa! Priveşte-mă-n faţă!
nu te sfii să mă ucizi, dar priveşte-mă-n faţă! ca
un rac de sânge inima porneşte goana şi n-o poţi
goni fără încetare. Blum-blum, blum-blum, blum-blum,
auzi cum bat valurile negre de sânge la Tronul
Morţii, la Tronul Absolut al Morţii şi Moartea
plânge în perfecţiunea singurătăţii!                                    

                       

Torre 2

! oh alma che abiti in me come uno specchio della morte,
non sarà tempo di uccidere il tuo essere
giacché io scendo al sacro sposalizio con me
senza avere alma e la Regina della Morte
era vergine e tutti e due come due fiori
succhiando l’essenza del tempo eravamo lieti
ero il piccolo androgino, la Regina della Morte era vergine,
oh, alma che abiti in me
non sarà tempo di uccidere il tuo essere
tu sei come mio padre, vecchio pazzo,
il Creatore di quest’uomo che passerà...
solo nel regno della Morte senza suo Padre!                             

 

Turn 2

! o, suflet care în mine locuieşti ca o oglindă-a morţii,
nu va fi vreme să-ţi ucid fiinţa
căci eu cobor la nunta sacră-a mea cu mine
când n-aveam suflet iar Regina Morţii
era virgină şi-amândoi ca două flori
sugând esenţa vremii ne bucuram
eram copilul androgin, Regina Morţii era virgină,
o, suflet care locuieşti în mine
nu va fi vreme să-ţi ucid fiinţa
tu eşti ca tatăl meu, nebun bătrân,
Creatorul acestui om care va trece…
în regatul morţii singur fără Tatăl său!

 

L’infanzia di Ario Paradis  1

!...sono lieto e sempre più gran valore
assegno alla mia mente così come
un bambino perdendo la dolcezza profonda
del bacio lo tiene più in pregio
sapendo che gli porterà la morte...!

 

Copilăria lui Ario Paradis 1

! …mă bucur şi tot mai mult preţ
pun pe mintea mea aşa cum
un copil pierzând dulceaţa profundă-a
sărutului mai mult îl preţuieşte
ştiind că-i va aduce moartea… !

 

Memoriale

! incomincerò dicendo che mi sentivo
tanto solo simile a quel
principe della Rosa sì sì
le rose sono il sangue del Principe
che muore sulla soglia della rivelazione
di una realtà (non sopporta il proprio
essere) l’Invisibile senza
volontà: ah, sofferenza insanguinata
in cui viviamo, da quel campo
di rose partimmo:
mi sentivo tanto solo
esangue corpo defunto
di santa... e là... che vedete,
signore? ...ecco quella bella
donna che invecchia
avendo l’aria di prestare un sorriso
ai morti: mi lasci dirle:
Signora, lei è per me
tanto santa, tanto santa,
solo che, vorrà dirmi...!     

 

Memorial

! voi începe zicând că mă simţeam
atât de singur asemeni acelui
Prinţ al Trandafirului da da
trandafirii sunt sângele Prinţului
care moare la pragul revelaţiei
unei realităţi (nu-şi suportă
fiinţa) Invizibilul fără
voinţă: oh, suferinţă însângerată
în care trăim. şi din acel câmp
de trandafiri am plecat:
mă simţeam atît de singur
fără sânge ca un corp defunct
de sfântă… şi acolo… ce vedeţi,
domnule? iat-o pe acea femeie
frumoasă care îmbătrâneşte
cu aerul că împrumută un surîs
morţilor: lăsa-ţi-mă să-i spun:
Doamnă, dumneavoastră sunteţi
pentru mine atât de sfântă, atât
de sfântă, numai spuneţi-mi…!

  

La nymphette

! corpo bianco di fanciulla che morrai
alma che non gustò la scienza della morte
come si gusta una basilica
i terribili vermi ti schiveranno:
ti saranno tolti solo i capelli
che ti coprono il capo e il sesso
per rimanere  perfezione unica
della terra, nocciolo vivo e bianco
di un cupo frutto:

per te non ci sarà morte.
così, solo le genti dalla mano di varice
l’aratro figgeran chè spunti il chicco sacro
a separare i tuoi seni l’un dall’altro!

 

La nymphette

! trup alb de fată care vei muri
suflet care n-a gustat ştiinţa morţii
ca pe o bazilică
viermii teribili te vor ocoli:
nu-ţi va fi luat decât părul
care-ţi acoperă capul şi sexul
spre a rămâne unică-n perfecţiune
în pământ, sâmbure viu şi alb
al unui rod întunecat:

pentru tine nu va fi moartea.
or, numai oamenii cu mâna de varice
plug vor împlânta să iasă bobul sacru
şi sânii ţi-i vor despărţi unul de altul !

            

L’efebo di Maratona
                              A Clara

! fui tanto bello come
l’efebo di Maratona
e gli artigiani di Atene coniarono una medaglia
d’oro, affinché il mio volto restasse                                  
per sempre giovane e splendente!

!adesso sono vecchio e
ho perduto pure tutto lo splendore
e ogni ubriacone m’insulta
nei porti, nella taverne d’Atene;
ora non conta più questo zombie,
il mio Animo è là sepolto
nella Gloria; bello efebo morto
da solo combattendo tutto
un esercito di barbari!

Efebul de la Marathon
Clarei

!frumos am fost precum
efebul de la Marathon
şi meşterii Athenei bătură o medalie
de aur, să rămână chipil meu
de-a pururi tânăr şi strălucitor!

!acuma sunt bătrân şi
mi-am pierdut şi toată strălucirea
şi orice beţivan mă-njură
în porturi, prin tavernele Athenei;
ce mai contează acest zombi,
Sufletul meu e-nmormântat acolo
în Glorie: frumos efeb mort
singur înfruntând întreagă
o oştire de barbari!


Rimaya

In questa malata città                                               
ho amato tre donne:
una è  ormai anziana,
e assomiglia sempre di più alla Morte,
un’altra mi sta accanto
ricordandomi che lei stessa morirà
mentre celebra carnalmente
l’occulta presenza della Morte,
la terza è rimasta in quella malata città                     
e rimpiange il mio sangue per lei
ché non la toccherò più
come non toccherò più il trono della Morte
la chiamerò Rimaya
e dentro il suo nome galleggerò
come un feretro di ninfea
fino a imbattermi nel petto di un cigno!

 

Rimaya

! în orașul acela bolnav
am iubit trei femei :
una e de-acum bătrînă
și-i seamãnã din ce în ce mai mult Morții,
una e lîngă mine
amintindu-mi că și ea va muri
oficiază carnal
oculta prezență a Morții,
una a rămas în orașul acela bolnav
și plînge sîngele meu după ea
căci n-o voi mai atinge
cum nu voi mai atinge tronul Morții :
o voi numi Rimaya
și-n numele ei voi pluti
ca un sicriu de nufăr
pînă ce mă va opri cu pieptul o lebădă!


A cura e traduzione di Geo Vasile
(n. 12, dicembre 2014, anno IV)