Urmuz in Italia. Ricordo del precursore della letteratura Dada in Europa

Il 2013 ha segnato la ricorrenza di 130 anni dalla nascita e di 90 anni dalla scomparsa di Urmuz, pseudonimo letterario di Demetru Demetrescu-Buzău (1883-1923), considerato un precursore della letteratura Dada europea. Eugène Ionesco lo definisce un anticipatore della «tragedia del linguaggio» e sostiene che è «uno dei precursori della rivolta letteraria universale, uno fra i profeti del disfacimento delle forme sociali, di pensiero e di linguaggio che oggi sotto i nostri occhi si disgregano assurde come gli eroi del nostro autore».
Di lui, il critico Marin Mincu scriveva così, nell’antologia Poesia romena d’avanguardia. Testi e manifesti da Urmuz a Ion Caraion (a cura di Marco Cugno, con la collaborazione di Marin Mincu, Milano, Feltrinelli, 1980): «Per la letteratura romena d'avanguardia Urmuz rappresenta senza dubbio il caso-limite, così come lo era stato per l'avanguardismo francese Lautréamont. Per caso-limite intendiamo quell'esemplarità della pratica significante che diviene simultaneamente una forma di autonegazione della letteratura e un'apertura rivoluzionaria verso un'altra rappresentazione dell'atto della scrittura. Nelle sue “antiprose” Urmuz ha per la prima volta la coscienza acuta del fatto che il sistema di convenzioni della letteratura accettata è entrato in crisi e che ne è necessaria una dinamicizzazione. La letteratura come “nutrimento spirituale” non è più sufficiente nelle dosi tradizionali, essendo imminente la sua distruzione e la sua ricomposizione in altri termini».
Dopo l’antologia sopra citata dedicata ai rappresentanti della letteratura romena d'avanguardia, è stato pubblicato in Italia anche il volume Urmuz, Pagine bizzarre, nella traduzione di Giovanni Rotiroti (Roma, Salerno Editrice, 1999).
Lo evochiamo, in ciò che segue, in due «antiprose» illustrative estratte dall’antologia del 1980, a cura di Marco Cugno. La prima,
L'imbuto e Stamate, ironicamente intitolata Romanzo in quattro parti, propone una serie di giochi di parole di natura sofistica, riscontrabili nella duplicità di senso delle parole: ad esempio, un tavolo senza gambe, basato su calcoli e probabilità; oppure le pareti, secondo il costume orientale, che vengono fardate ogni mattina e a volte, contemporaneamente, misurate col compasso onde evitare casuali scadimenti. L’assurdità più riuscita di Urmuz è invece rappresentata da Ismaïl e Turnavitu, che precorre il teatro di Eugène Ionesco: «Ismaïl risulta così composto: occhi, fedine e veste… Ismaïl non va mai in giro da solo. Ma lo si può trovare verso le cinque e mezza del mattino, nel suo zigzagante vagabondaggio per via Arionoaia, in compagnia di un tasso, a cui è strettamente legato da un canapo e che egli, durante la notte, si mangia crudo bell'e vivo, non prima però di avergli strappato le orecchie e spremuto sopra un po' di limone».

L'imbuto e Stamate
Romanzo in quattro parti

I

Un appartamento arioso, composto di tre vani principali, veranda e campanello.
Nella parte anteriore, il salone sontuoso nel quale una biblioteca di quercia massiccia, sempre strettamente avvolta in lenzuola fradice, occupa interamente la parete di fondo. Un tavolo senza gambe, basato su calcoli e probabilità, sorregge, al centro del salone, un vaso che contiene l’essenza eterna della «cosa in sé», uno spicchio d'aglio, una statuetta che rappresenta un pope (transilvano) con in mano una sintassi e... 20 bani [1] di mancia. Il resto non riveste alcun importanza. Bisogna tuttavia notare che questo locale, perennemente immerso nell'oscurità, non ha né porte, né finestre e comunica con il mondo esterno solo mediante un tubo, che a volte fuma e che consente di vedere, durante la notte, i sette emisferi di Tolomeo e, durante il giorno, due uomini discendere dalla scimmia e una filza finita di semi secchi, accanto all'Auto-Cosmo infinito ed inutile...
Il secondo ambiente, che riproduce un interno turco, è arredato sfarzosamente e contiene tutto ciò che il lusso orientale ha di più raro e di più fantastico. Innumerevoli tappeti pregiati, centinaia dì armi antiche, ancora macchiate di sangue eroico, addobbano i colonnati della sala, le cui immense pareti, secondo il costume orientale, vengono fardate ogni mattina e a volte, contemporaneamente, misurate col compasso onde evitare casuali scadimenti.
Di qui, attraverso una botola, prendendo a sinistra si arriva in un sotterraneo adibito a sala di ricevimento e prendendo a destra, mediante un carrozzino mosso da una manovella, si entra in un fresco canale che, da una parte, non si sa dove finisca e, dall'altra, immette in un locale basso, sterrato, in mezzo al quale è piantato un piolo, a cui è legata tutta la famiglia Stamate...

II

Questo galantuomo, untuoso e di forma quasi ellittica, è costretto dall'eccessivo nervosismo causatogli dalle attività che svolgeva nel consiglio comunale a masticare, quasi tutto il giorno, celluloide grezza, che poi sputa, sbriciolata e insalivata, sul suo unico figlio, grasso, annoiato, in età di quattro anni, di nome Bufty... Il piccolo, mosso da grande pietà filiale, fa finta di niente, ma se la vede bruttina, mentre sua madre, consorte consacrata e legittima di Stamate, partecipa alla gioia comune componendo madrigali, firmati con l'impronta digitale.
Queste occupazioni piuttosto stanchevoli hanno, a dir vero, l'effetto di divertirli e allora, con una temerità che rasenta a volte l'incoscienza, attraverso una fenditura del canale, guardano tutti e tre col binocolo nel Nirvana (situato nella loro stessa circoscrizione, a partire dalla drogheria d'angolo) e vi gettano pallottoline di mollica di pane o torsoli di granoturco. Altre volte, entrano nella sala di ricevmento ed aprono certi rubinetti appositamente installati, fino a che l'acqua, defluendo, non li sommerge quasi completamente: a quel punto, per la gioia, sparano in aria tutti insieme colpi di pistola.
Quanto a Stamate, un'attività che lo impegna personalmente al massimo grado è quella di fotografare la sera, nelle chiese, i santi più attempati per vendere poi a prezzo ridotto le immagini alla credula consorte e soprattutto al figlio Bufty, che possiede un patrimonio personale. Se non fosse stato quasi completamente privo di mezzi per nulla al mondo Stamate avrebbe esercitato questo commercio vietato; ma era persino stato costretto a fare il servizio militare all'età di un anno per poter soccorrere al più presto i suoi due fratellini i quali, a causa dei loro fianchi troppo sporgenti, avevano perso il posto di lavoro.

III

Un giorno a Stamate, occupato nelle sue consuete ricerche filosofiche, era parso, per un istante, di aver messo le mani anche sull'altra metà della «cosa in sé», quando fu distratto da una voce femminile, una voce di sirena, che andava direttamente al cuore e si perdeva in lontananza, come un'eco.
Stamate corse senza indugio al tubo di comunicazione e vide, con suo grande stupore, nell'aria calda e imbalsamata della sera, che una sirena dai gesti e dalla voce seducenti distendeva il suo corpo lascivo sulla sabbia rovente della spiaggia... Lottando disperatamente con se stesso per non cedere alla tentazione, Stamate noleggiò in tutta fretta una nave e, prendendo il largo, si tappò le orecchie con la cera insieme con tutti i marinai.
Ma la sirena si fece sempre più provocante... Lo seguì al largo con canti e gesti perversi, mentre una dozzina di Driadi, Nereidi e Tritoni ebbero tutto il tempo di accorrere dalle profondità marine per portare su una superba conchiglia
di madreperla un innocente e castigato imbuto [2] arrugginito.
Il piano di seduzione del severo e casto filosofo poteva così considerarsi riuscito. Ebbe appena il tempo di introdursi di soppiatto nel tubo di comunicazione che già le ninfe del mare avevano posato con grazia l'imbuto nei pressi della sua abitazione e poi leggere, agili, tra risa e pazze grida di gioia, erano scomparse sulla distesa del mare.
Confuso, stordito, disgregato, Stamate ebbe appena la forza di fare la sua apparizione nel canale sul carrozzino...
Non perse tuttavia completamente il suo sangue freddo: gettò sull'imbuto qualche manciata di terra e, dopo essersi rifocillato con un po' di decotto di astranzia, si prosternò diplomaticamente con la faccia a terra e rimase come tramortito in questa posizione per otto giorni festivi, periodo che egli credeva necessario dovesse trascorrere, secondo la procedura, per poter entrare in possesso dell'oggetto.
Passato questo tempo, riprese le sue occupazioni quotidiane e la posizione verticale, Stamate si sentì rinascere completamente. Mai egli aveva conosciuto prima d'allora i brividi divini dell'amore. Ora si sentiva più buono, più comprensivo e il turbamento che lo coglieva alla vista di questo imbuto lo rendeva felice e nello stesso tempo lo faceva soffrire e piangere come un bambino...
Lo spolverò con uno strofinaccio e, dopo aver disinfettato con tintura di iodio i buchi principali, se lo prese e lo fissò con ghirlande di fiori e merletti, parallelo al tubo di comunicazione. E finalmente, per la prima volta, quasi esausto per l'emozione, vi penetrò in un baleno e gli rubò un bacio.
Per Stamate l'imbuto divenne da quel momento un simbolo. Era il solo essere di sesso femminile [3] con un tubo di comunicazione che gli avrebbe consentito di soddisfare sia le esigenze dell'amore sia gli interessi superiori della scienza. Del tutto dimentico dei suoi sacri doveri di marito e di padre, Stamate tagliava ogni notte con le forbici i vincoli che lo tenevano legato al piolo e, per poter dare libero sfogo al suo incommensurabile amore, penetrava sempre più spesso nell'imbuto, lasciandovisi da un trampolino appositamente costruito e calandovisi poi con le mani, con una rapidità vertiginosa, su una scala mobile di legno, in fondo alla quale riassumeva il risultato delle sue osservazioni all'esterno.

IV

Le grandi felicità sono sempre di breve durata... Una notte Stamate, andato per compiere il consueto dovere sentimentale, constatò con stupore e costernazione che, per cause misteriose, l'orifizio dell'imbuto si era ristretto a tal punto da impedire ogni comunicazione. Sconcertato e insieme sospettoso, si mise in agguato e la notte seguente, non credendo ai suoi occhi, vide con terrore che Bufty saliva ansimando e poteva entrare e passare. Impietrito, Stamate ebbe appena la forza di andarsi a legare da solo al piolo; ma il giorno seguente prese una decisione suprema.
Cominciò con l'abbracciare la moglie devota e, dopo averle dato in tutta fretta una mano di vernice, la cucì in un sacco impermeabile per mantenere intatta nell'avvenire
La tradizione culturale della famiglia. Dopo di che, nel cuore d’una notte fredda e buia, afferrò l'imbuto e Bufty, li gettò su una diligenza di passaggio e li scaraventò sprezzantemente nel Nirvana. In seguito, tuttavia, prevalse il sentimento paterno e Stamate, grazie ai suoi calcoli e alle sue combinazioni chimiche, riuscì ad ottenere col tempo che Bufty, col potere della scienza, vi occupasse un posto di vice-capo ufficio.
Quanto al nostro eroe, Stamate, indagando un'ultima volta attraverso il tubo di comunicazione, guardò il Cosmo con ironia e indulgenza.
Salì poi definitivamente sul carrozzino a manovella, imboccò il lato misterioso del canale e girando con tenacia crescente la manovella, continuò a correre forsennatamente riducendo progressivamente il suo volume, per poter penetrare finalmente nell'infinitamente piccolo ed annullarvisi.

 

Ismaïl e Turnavitu

Ismaïl risulta così composto: occhi, fedine e veste, ma oggigiorno è molto difficile trovarlo.
Un tempo cresceva anche all'Orto Botanico e in seguito, grazie al progresso della scienza moderna, si è riusciti a fabbricarne uno chimicamente, con procedimento sintetico.
Ismaïl non va mai in giro da solo. Ma lo si può trovare verso le cinque e mezza del mattino, nel suo zigzagante vagabondaggio per via Arionoaia, in compagnia di un tasso, a cui è strettamente legato da un canapo e che egli, durante la notte, si mangia crudo bell'e vivo, non prima però di avergli strappato le orecchie e spremuto sopra un po' di limone. Altri tassi Ismaïl li alleva in una pepiniera situata in fondo a una grotta della Dobrugia, dove li mantiene fino al compimento del sedicesimo anno, età in cui le loro forme si sono fatte più piene, allorché, sfuggendo ai rigori del codice penale, li stupra uno dopo l'altro, senza il benché minimo rimorso.
Dove Ismaïl abiti la più parte dell'anno non si sa. Pare che sia tenuto in conserva dentro un barattolo riposto nella soffitta dell'abitazione del suo beneamato genitore, un vecchio simpatico, col naso tirato alla pressa e ricinto di una piccola siepe. Si dice che questi, mosso da eccessivo amore paterno, lo tenga cosi sequestrato per difenderlo dalle punture delle api e dalla corruzione dei nostri costumi elettorali. Tuttavia Ismaïl riesce a fuggire di là per tre mesi all’anno, durante l'inverno, e allora il suo più grande piacere consiste nell'indossare una veste di gala, fatta di stoffa per coperte da letto, a fiorami rosso mattone, e nell'arrampicarsi poi sulle impalcature dei cantieri, il giorno in cuisi festeggia I'intonacatura, al solo scopo di essere offerto come ricompensa dal proprietario e spartito tra i muratori... Egli spera in questo modo di contribuire in misura notevole alla soluzione della questione operaia... Ismaïl concede pure udienze, ma solo in cima alla collina vicina all’allevamento di tassi. Centinaia di postulanti, che chiedono chi un posto, chi un aiuto in denaro, chi legna da ardere, vengono dapprima introdotti sotto un enorme abat-jour dove sono costretti a covare 4 uova ciascuno. Poi vengono fatti salire sui vagoncini della nettezza urbana e trasportati, a una velocità vertiginosa, alla presenza di Ismaïl da un suo amico, che gli serve anche da salame, chiamato Turnavitu. Costui è uno strano personaggio e, durante la salita ha la brutta abitudine di sollecitare dai postulanti la promessa di corrispondenza amorosa, altrimenti minaccia di rovesciarli.
Turnavitu per molto tempo non era stato che un semplice ventilatore in diversi luridi caffè greci delle vie Covaci e Gabroveni. Non potendo più sopportare la puzza che era costretto ad aspirare in simili locali, si era dato per lungo tempo alla politica ed era riuscito cosi a farsi nominare ventilatore di stato, nella cucina della stazione di pompieri «Radu-Voda».
Fece conoscenza con Ismaïl a una serata danzante. Udita la misera situazione in cui si trovava dopo tanto girare, Ismaïl, caritatevole di cuore, lo prese sotto la sua protezione. Gli promise una rimunerazione immediata di 50 bani a1 giorno più il vitto, solo che accettasse di assumere la funzione di ciambellano nell'allevamento di tassi; inoltre, avrebbe dovuto andargli incontro ogni mattina in via Arionoaia e, senza far finta di niente, pestare la coda al tasso per potersi poi scusare in mille modi della disattenzione; quanto a Ismaïl, avrebbe dovuto solleticarlo sulla veste con un pennello intinto in olio di colza, augurandogli prosperità e felicità...
Sempre per far piacere al suo buon amico e protettore, Turnavitu una volta all'anno prende la forma di un bidone e, pieno fino all'orlo di petrolio, intraprende un viaggio in paesi lontani, di solito le isole Maiorca e Minorca: quasi tutti questi viaggi consistono nell'andata, nell'appendere una lucertola alla maniglia della porta della Capitaneria di porto e nel ritorno in patria ...
Durante uno di questi viaggi, Turnavitu contrasse un fastidioso raffreddore e, al suo ritorno, contagiò tutti i tassi al punto che, per i loro continui starnuti, Ismaïl non poteva più approfittare di loro a suo piacere. Fu immediatamente licenziato.
Carattere oltremodo sensibile, Turnavitu, disperato, non potendo sopportare una simile umiliazione, mise in atto il suo funesto piano di suicidio, non prima però di essersi cavato i suoi quattro denti canini ...
Prima di morire, si vendicò in modo atroce di Ismaïl; infatti, dopo avergli fatto rubare tutte le vesti, lo incendiò col suo petrolio interiore in mezzo alla strada. Ridotto così alla miserevole condizione d'essere composto solo di occhi e fedine, Ismaïl ebbe appena la forza di trascinarsi fino nei pressi dell'allevamento di tassi; là cadde in uno stato di decrepitezza e in questo stato continua a vegetare...

NOTE

1. Ban (pl. bani): sottomultiplo del leu, unità monetaria romena (100 bani =l leu). [N.d.T.]
2. È opportuno notare che pâlnie (imbuto) in romeno è femminile. [N.d.T.]
3. Cfr. nota 1.


(n. 1, gennaio 2014, anno IV)