Daniel Vighi e «Il sex-appeal delle missionarie». Frammento di romanzo

Daniel Vighi è un romanziere, saggista e giornalista romeno appartenente alla schiera degli scrittori postmoderni degli anni ottanta, che hanno mosso i primi passi nel circolo letterario guidato da Ovidio S. Crohmalniceanu. Nel dicembre 1989 partecipò ai movimenti di protesta di Timișoara che scatenarono la rivoluzione anticomunista in Romania. Attualmente detiene anche la cattedra di letteratura romena presso la Facoltà di Lettere dell’Università di Timişoara.
Il suo debutto letterario risale al 1985 con il volume Povestiri cu strada Depozitului (Bucureşti, Ed. Cartea Românească, 1985). Numerosi e di gran prestigio i volumi che seguirono, tesi a confermare un intellettuale a 360 gradi, interessato all’arte e alla cultura in ogni sua forma. Per un certo periodo della sua vita, infatti, Vighi si è avvicinato anche al mondo cinematografico. Tra i tanti volumi pubblicati ricordiamo: i romanzi Însemnare despre anii din urmă (Cartea Românească, Bucureşti 1989) e Decembrie, ora 10 (Albatros, Bucureşti 1997), il volume di studi di imagologia Tentaţia Orientului (Piteşti, Ed. Paralela 45, 1998), la monografia dedicata allo scrittore Sorin Titel (Aula, Braşov 2000), Lumea la 1848 (Dacia, Cluj-Napoca 2004), Cometa Hale-Bopp (Polirom, Iaşi 2007) e Istoria din cutia de pantofi (Cartea Românească, Bucureşti 2013).

Pubblichiamo un frammento di un romanzo inedito che, con uno stile molto particolare, giocato sull'ironia e cosparso di trovate linguistiche, trae spunto da un tema attuale: la comunità di affari italo-romena, costituitasi in Romania dopo il 1989 e di cui propone una parodia giocata su alcuni aspetti a dir poco risibili.


«Il sex-appeal delle missionarie»


Si recano al bar vicino al Registro delle Imprese dove aspetta al tavolo, in un angolo, un tizio minuto, con baffetti, ultracinquantenne come la maggior parte di questi della penisola. Tutti sono un po’ maturi; lo stesso vale per Guido, anche lui oltre i cinquant’anni e hanno puttane giovani. Fanno le presentazioni:
- Mi chiamo Ilie, io sono un investitore.
- Antonio, questo è il mio nome, e sono anch’io un investitore. Ho qui in paese una fabbrica di confezionamento di detersivi per lavare i piatti in cucina.
- Di imballaggio, è più corretto dire.
- Mi scusi. Ho un’industria lì e va e non va. La Romania non è ideale per il bisnis. C’è molta burocrazia e nessuno paga le fatture, capisci? Una cosa del genere in Europa non è possibile. Io non comprendo affatto com’è possibile questa cosa, scrivere sulla fattura che si paga solo dopo aver venduto, ma come si può questo, pagare dopo che si vende, non va bene, è una porcheria romena, qualcosa di detestabile ed incredibile, cioè tu vieni con la mercanzia, come nel mio caso, io ho detersivi ben impacchettati, materia prima dall’Italia, vengo con la mercanzia nel tuo ingrosso, capisci, dico buongiorno, tu rispondi, chiedo se vuoi detersivi ben impacchettati, materia prima dall’Italia, tu sei il capo dell’ingrosso, capisci, e mi guardi come se non avessi capito, mi capisci, domando, tu dici sì sì, come no, e mi rivolgi parole a vanvera, così si dice, dico bene, a vanvera, cari amici miei, dici che nei paesi e nelle città della Romania non esistono detersivi simili a questi, che esiste qualcosa nei paesi che si chiama cenere con la quale i contadini, gli abitanti del paese fanno qualcosa che si chiama ranno.
- Cenere e ranno. Capisco quel che dici, tanto tempo fa si era soliti utilizzarli per lavare i piatti, mi viene in mente mia nonna, ma non è più proprio così, il proprietario dell’ingrosso ti ha mentito, ha approfittato del fatto che non conosci la nostra realtà, e ti ha abbindolato affinché tu accettassi di essere pagato in base alle vendite.
- Proprio come dici, non c’è via di scampo, porco cane, nessuno ha mai soldi, tutti fanno così, e si va da loro come in chiesa, come ci vanno i mendicanti sulla gradinata della chiesa, passi tra loro e dici: «Hai qualche soldo per me?» e lui ti guarda un po’ storto, come a uno che vale zero, dice «da dove prendere i soldi se non si vendono i detersivi, non si vende e basta, basta, non va, arrivederci, ciao, va’ al diavolo coi detersivi per le stoviglie che non servono a nessuno, tanto in Romania la gente usa il ranno fatto dalla cenere».

Mentre stanno discutendo, al bar accade l’inevitabile – ciò che a lungo sarà il nemico più temuto di Ilie Şfeic durante il suo cammino verso il capitalismo italo-romeno, come dicevano questi suoi soci: Guido, Antonio, Lorenzo, Tizio o Caio. Mentre parlano animatamente su come stiamo dal punto di vista delle realtà romene nell’ambito dei detersivi per le stoviglie della cucina, mentre lui era proprio sul punto di smontare in maniera definitiva la frottola sul ranno che, a suo dire, anche oggi sarebbe un valido detersivo, mentre queste questioni sono esattamente in via di risoluzione, avviene, d’altronde come al solito, un fatto quasi inevitabile: appare la ragazza bella, giovane e prospera, simile ad una margherita, a una rosa, una fragolina deliziosa. Gli industriali italo-romeni lì riuniti guardano le sue cosce che una minigonna vertiginosa metteva in bella mostra, guardano poi la vitina lasciata scoperta dalla maglietta cortissima, si lasciano avvolgere da un irresistibile sex-appeal che aleggia sopra le loro teste, sopra il tavolo, i piattini e le tazzine. La fanciulla si avvicina e farfuglia qualcosa, in un primo momento nessuno capisce cosa vuole, interrompono i discorsi sugli affari e non capiscono cosa vuole, quali sono i problemi da risolvere.
Guardano, inteneriti dagli effluvi delicati del sex-appeal, ascoltano e non capiscono nulla; finalmente, avvezzo alle seduzioni delle donne autoctone e, senza dubbio, alla lingua romena della ragazza, Ilie comprende quel che vuole, si scuote dal suo incantesimo, nel quale era caduto come quasi sotto l’effetto di un contagio e di un’intima solidarietà con quelli seduti al tavolo che guardano eccitati la fanciulla, con i loro occhi e sguardi da investitori italo-romeni ammosciati.
Non comprendono, è normale che non comprendano, e allora Ilie decifra quanto dice la bella ragazza. È una specie di missionario penetrato nel bar ma anche un agente commerciale, un’apparizione, un missionario-agente-commerciale dal sex-appeal che parla dell’iniziazione ai misteri del management moderno, d’ispirazione americana, che organizza da noi in Romania consulenze gratuite per affari. Questa è la situazione, parla e li invita, venite, è gratis, dice, avete la possibilità di realizzare i vostri affari in maniera molto più redditizia dopo aver frequentato il nostro seminario. Non comprendiamo, rispondono ammaliati gli industriali italo-romeni, con gli occhi fissi alla vitina della ragazza, alle cosce, ai glutei stretti nella minigonna, non capiamo, balbettano addormentati, incantati e rapiti, con la lucidità fatta a brandelli. Ilie spiega e loro ascoltano, ma non troppo, nel frattempo arriva un’altra ragazza, una collega della precedente, ha una maglietta carina, che le copre appena timidamente il seno, porta sul petto uno di quei pass che vengono distribuiti dalle aziende di consulenza americana o ai partecipanti alle manifestazioni internazionali: un tipo di fermaglio a forma di testa di coccodrillo in nichel, al quale è attaccata una grande tessera, in plastica, con su scritto Seminario internazionale di management cristiano. Guarda un po’, dicono gli industriali italo-romeni: come management cristiano? Da loro, nella Penisola, non esiste qualcosa del genere? Il Papa con le sue, i capitalisti con le loro, ognuno si occupa delle proprie faccende, non si sovrappongono e non esistono nemmeno simili apparizioni meravigliose di missionari-agenti-commerciali con gonnelline così graziose e con un sex-appeal tanto delicato e penetrante. Giuro che nella Penisola non esiste una cosa del genere. «Tanto più che sarebbe bene che partecipiate» sussurrano le bellezze missionarie nonché agenti commerciali. «Non lasciatevi sfuggire l’occasione», dicono, e tirano fuori dalle loro borse di missionarie qualcosa, un piccolo opuscolo, scritto e stampato a colori con un testo sul quale si legge che un’idea di oggi può dare frutti domani. «Non farti sfuggire nulla, non si sa mai da dove sbuchi il coniglio di un affare fruttuoso, è scritto lì nell’opuscoletto promozionale» e Ilie annuisce conquistato dallo slogan promozionale, almeno quanto lo furono gli industriali italo-romeni dal sex-appeal delle missionarie.

*

- Andiamo al seminario?, chiede, e gli italo-romeni lo guardano divertiti.
- Vedo che vuoi diventare un capitalista molto sul serio, gli dice Guido preoccupato, mentre sale sulla sua Bmw un po’ malandata, proprio adatta, del resto, per simili faccende ai margini del mondo.
- Andiamo, acconsentono i due, e le belle ragazze salgono anch’esse senza troppo pudore, anzi con una naturalezza che urta in modo spiacevole Şfeic, abituato a una maggiore prudenza nelle relazioni con il prossimo.
Le ragazze indicano dove andare, a destra, a sinistra, di qua, di là, stop al rosso, riparti, sempre avanti e vedi che puoi infilarti così, ecco, va bene. In ogni caso i capitalisti italiani sono ormai a loro agio con le strade, sanno come si fa ad arrivare a via Martiri di Dicembre passando per Piazza Protopop Achimescu, nomi nuovi ai quali d’altronde i locali fanno più fatica ad abituarsi, sono rimasti a quelli vecchi, Gheorghi Dimitrov angolo con Iosif Ranghet, o viale Lenin angolo con Leontin Sălăjan.
Solo questi stranieri che hanno fatto irruzione con i loro investimenti imparano rapidamente i nomi nuovi, si familiarizzano subito con piazze, locali, club. Dunque vanno a sinistra, imboccano a destra, avanti, dicono, si rincuorano e quelle ragazze dall’aspetto di missionarie ridono a crepapelle, adorano come si destreggiano i capitalisti, gli italo-romeni ridono anche loro, adorano compiacersi nell’ammirazione delle ragazze, «si trovano bene con queste puttane dall’aspetto di sacerdotesse» – brontola imbarazzato Şfeic assistendo all’allegria nella Bmw sfiancata ma, comunque, con targa italiana, di Padova, proveniente da quella piazza larga cinta di statue, chiamata Prato della Valle. «Stooop! È qui», gridano le ragazze, giunti in una viuzza ombreggiata da castagni, invasa da quella peluria tipica del mese di giugno. Stoop, gridano, e la Bmw cigola da tutte le parti, sospira, singhiozza. Muore. Scendono dall’auto pieni d’allegria, eccitati dalla prospettiva di qualcosa, un’avventura. «Questi non diventeranno mai capitalisti» mormora Șfeic, «adorano molto più il trambusto piuttosto che il lavoro serio», dice a se stesso proprio mentre si ritrovano di fronte all’entrata di una casa in una viuzza ombreggiata da platani, con una placca grande, bianca, con decorazioni floreali: «CAPPELLA CRISTIANA LOGOS SPERMATIKOS», è scritto nero su bianco e la comunità italo-romena ridacchia molto eccitata: ehi, guarda, qua si parla di spermatikos, dice, ragazze vi va questa CAPPELLA CRISTIANA LOGOS SPERMATIKOS?, gli domanda e loro si avviano ridendo, come non potrebbe piacergli se ci lavorano, anzi, non si potrebbe nemmeno dire così, non ci lavorano, il loro è quasi volontariato, vanno con le altre ragazze e cercano clienti per il dibattito, per il workshop, capite, signori?
– Capiamo, risponde abbastanza cupo Șfeic, preoccupato dalla sorte che gli potrebbe riservare il futuro. Entra. Vogliamo entrare? Orsù signori. Si addentrano timidi in uno spazio monotono, una sala con pavimento di legno e lambris, dalle quali si leggono esortazioni alla ricchezza, alla prosperità e alla fede. Annuiscono intimiditi a quelli che sono dentro, le missionarie alzano una mano, silenzio, gridano, anche se c’è silenzio in quella sala, non si potrebbe dire che ci fosse baccano, solo un vociferare a bassa voce di persone preoccupate, che non hanno tempo da perdere, ed è appunto questo che viene detto loro: signori, grida una delle accompagnatrici del gruppo italo-romeno, come diceva Guido, signori, un po’ di silenzio, non siamo qui per perdere tempo, è vostro e nostro preciso interesse non perdere tempo. Si sentono dei borbottamenti incoraggianti, proprio così, tutti sanno benissimo che i soldi, eh, i soldi che il popolo dice sarebbero l’occhio del diavolo, si fanno nel tempo, possiamo discutere su questo. Solo che non si discute più di nulla, visto che arriva il pedagogo-missionario, un po’ di pazienza, grida l’altra ragazzetta-missionaria, solo qualche minuto e iniziamo il nostro incontro, dice, il brusio si placa, come il vento che sussurra tra le chiome dei platani e se qualcuno fosse curioso di registrare su un nastro questo loro fruscio, avrebbe la sensazione di essere proprio qui, al centro di questa sala della CAPPELLA CRISTIANA LOGOS SPERMATIKOS. La comunità italo-romena cerca un posto davanti, «pardon, pardon, mi scusi», dicono, e i colleghi del workshop li guardano piacevolmente intimiditi, ecco cosa significa il capitalismo: la mobilità del capitale, globalizzazione, si trasferiscono i capitali e arrivano anche da noi – questo sembrerebbero dire gli sguardi tranquilli e cortesi dei partecipanti al workshop il cui titolo – IL MONDO DEI SOLDI E IL MONDO DI DIO – è scritto in grande su una strana lavagna, soprattutto per Guido e Antonio che non hanno mai visto una cosa del genere, loro provengono da un paese a maggioranza cattolica e si capisce, «non è vero, Guido?» domanda Șfeic, «in fondo è da voi che abita il Papa, del resto non è un caso che i romeni abbiano un  detto popolare che fa “chi ti credi di essere, il Papa di Roma?”. Così dicono alcuni ad altri quando qualche nostro consimile valacco ha un parere tanto buono di se stesso da avere la puzza sotto il naso». «Che vuoi, non capisco quel che dici» borbotta Guido, «che problema hai con il Papa?», «Ah, nessuno, ovviamente nessuno, dicevo solo che voi siete per la maggior parte cattolici perché il Papa è lì da voi».

Guido non riesce a dire come stanno le cose perché entra una donna che sembra essere una pastora, una conferenziere o, insomma, qualcosa di entrambe. Gli italo-romeni sgranano gli occhi vedendola, ha una quarantina d’anni, ha un corpo molto chic la pastora-conferenziere, si presenta bene, si notano dei seni prosperosi sotto una camicetta stretta, color viola e mi porti il diavolo se non si intravedono i capezzoli, dice che non porta nemmeno il reggiseno ed è proprio così. Porta il reggiseno o no?, s’interroga la comunità di affari italo-romena. Non lo porta.
Mentre gli italo-romeni si confrontano con simili dilemmi, la pastora-conferenziere si avvicina al tavolo, alla cattedra, indossa un paio di occhiali dalla montatura elegante, si gira di profilo, scorge immediatamente il titolo scritto in grande sulla lavagna, assorta nei pensieri come se cercasse di cavarne tutti i significati. Un gran silenzio e la donna si gira verso di loro con aria quasi sognante. Un po’ messianica. Vagamente presaga. «È giunto il tempo di porre fine a questa “diconia” plurisecolare tra il denaro e il buon Dio». Guido si gira verso Șfeic Ilie chiedendogli precipitosamente «ma, amico mio, cosa è questa “diconia”?» Ilie gesticola e gli sussurra frettolosamente la spiegazione più semplice da capire «la “diconia” significa collera, discordia, hai capito?». «Sì, sì, molto interessante: “diconia” dici? È proprio così, è grande la discordia tra Dio e il dollaro, e dici che questa signora senza reggiseno vuole appianarla, va bene». Șfeic lo fulmina con lo sguardo, non è il momento di deridere ogni cosa, sembrano dire le sue occhiate di rimprovero al futuro socio. Nel frattempo la conferenza continua, la signora si agita, strascica le vocali, si ferma come per attirare su di sé l’uditorio attraverso il silenzio significativo delle pause di pensiero che si concede, e alle quali li esorta.
La donna si rivolge a loro, e le traduttrici la seguono subito, velocemente, nella stessa maniera un po’ canterina:
- Tu devi essere ricco, amico, non devi vergognarti di questa cosa, di questa chiamata del Signore che non vuole la caduta delle sue creature, arricchisciti, oh servo e pio agnello, sii ricco, liberati dalla povertà in cui ti ha cresciuto tua madre.
A tali parole i presenti in sala si guardano come drogati, almeno così sembrano a Șfeic che li guarda con attenzione. Guido lancia come al solito occhiate attorno, alle bellezze del posto, lo stesso anche l’altro: «Non avete in mente altro che le donne», dice sotto voce e un pochino infastidito. «Persino qui, in questo sacro luogo, non sono capaci di sbarazzarsi di questa pecca, che a me personalmente non darebbe fastidio se non ci fosse bisogno di lavorare. Vogliamo diventare capitalisti oppure, come li chiamano, dei Casanova che passano da un’icona all’altra? ».
- Beh, guardiamo un po’ anche le future padrone, in fondo possiamo conciliare una cosa con l’altra, ci viviamo un po’ la vita, non ci tormentiamo continuamente, che c’è, hai due vite, mio socio?
- Questo è vero, non ne abbiamo, dunque è meglio essere efficienti, capisci, per non perdere tempo. Meglio ascoltare quel che dice questa madonna con i capezzoli appena nascosti dalla camicetta di seta: «Ascolta, servo di Dio, devi desiderare la prosperità per te, per la tua famiglia e per il popolo in mezzo al quale sei cresciuto!»
«Ha ragione», acconsente timido Ilie, «non sei felice solo quando sei povero come la zia Mărioara XE, zia Mărioara, ex moglie di Jorj, macchinista di locomotiva».
Silenzio, di nuovo un silenzio persuasivo e la voce della pastora, della missionaria si alza melodiosa sopra il mare stordito dei partecipanti al workshop «ascoltami, impara e farai progressi, qualsiasi idea vuol dire soldi. Facciamo soldi, è tempo di essere ricchi, non rimaniamo più ai margini della storia, non facciamo più i pastorali, senza vigore». Annuisce emozionato Ilie Șfeic. Si volge verso quei due e sussurra tremante:
- Voi, in qualità di mangiaspaghetti che non avete vissuto sotto Ceaușescu e non sapete che cos’è la società comunista multilaterale, ascoltate piuttosto questa missionaria così sexy con la camicetta vaporosa come ci esorta alla prosperità: «venite ad arricchirvi, servi del Signore, la povertà è un peccato grave, non vi è nulla di più terribile della povertà, nulla di più disumano, nulla di più terrificante, è giunta l’ora di possedere, di ottenere, di essere te stesso attraverso te stesso e i tuoi soldi, di salire tranquillamente sulla tua Opel, Volkswagen, Mercedes, Ford Mondeo, oh servo di Dio». Via via che la donna con i capezzoli spuntati da sotto la camicetta pronunciava queste parole, gli astanti sembravano addormentati come dei tossicomani, come quelli dei monasteri musulmani, i dervisci roteanti che entrano in trance, cadono in estasi gradualmente, perdono la ragione, la testa e tutto quanto, «Alleluia» dice la folla, sottolineando poi determinati sintagmi con valore vocativo, come qui di seguito.
Per esempio la signora dice così: «Ricordati invece del Signore tuo Dio, perché Egli ti dà la forza per acquistare ricchezze». (Deut. 8,18).  «Non temere la Mammona, non aver paura delle ricchezze perché Dio le ha fatte per te, perché tu le possieda». «Alleluia» si ode come gemito sessuale, «è vero, Signore» mormora di tanto in tanto la folla del seminario, aizzata dalle parole della donna: «non temere, agnellino, Mammona, il Signore Dio tuo ti vuole con i soldi, da quando ho intrapreso la strada del sacerdozio ho legato la mia vita a questo meraviglioso destino attraverso cui ho desiderato conciliare la ricchezza con la fede e ho cercato i ricchi della Sacra Scrittura e li ho trovati per te, agnello del Signore».
«Alleluia» mormora il seminario, «Alleluia», e la missionaria riversa su di loro una fiumana di personaggi dell’antichità: Abramo, Giacobbe, Mosè, Davide, Salomone, Isaia, Geremia. Alleluia, benedetto sia il Signore nei secoli dei secoli…e Neemia, Eliseo, ed Elia: «non dimenticate i regali preziosi che gli hanno portato i Magi, al Bambino: oro in cofanetti grandi». «Alleluia» mormora il seminario, «Alleluia».
«Aiutami Signore a saldare in tempo le fatture, ad aver cura del buon andamento dei miei affari, a non ritardare nel pagamento delle tasse, così sia, amen, amen, in verità vi dico che coloro che non pagheranno in tempo e in buonafede finiranno all’Inferno pieno di ufficiali giudiziari e fallimento verrà chiamato nei secoli dei secoli».
- Pausa, grida una ministrante, una giovane sacerdotessa come quelle che avevano abbordato anche loro. Vi prego di passare alla contabilità, per saldare il conto del workshop, grida la ministrante e la folla inizia a risvegliarsi come da un’immersione nell’estasi.



Traduzione di Valentina Elia
A cura di Mauro Barindi

(n. 3, marzo 2014, anno IV)