«La scrittura, un esercizio votato alla vacuità». In dialogo con Stelian Tănase

Quest'anno, alla XVIII edizione del Festivaletteratura di Mantova (3-7 settembre), la Romania è stata rappresentata dallo scrittore Stelian Tănase, la cui partecipazione è stata resa possibile grazie al sostegno dell’Istituto Culturale Romeno e dell’Istituto Romeno di Cultura e Ricerca Umanistica di Venezia, partner del Festival. Nell'intervista che qui pubblichiamo, l’autore condivide con noi le sue impressioni sul Festival, toccando altri argomenti relativi al suo romanzo Morte di un ballerino di tango (edito dalla Atmosphere Libri di Roma) e ai suoi prossimi impegni di scrittore.       

Il sottoscritto ha avuto l’onore di accompagnare Stelian Tănase in questo appuntamento festivaliero e, come per lo scrittore, è stata anche per me la prima volta al festival mantovano. Ero già stato nella città dei Gonzaga in altre occasioni come semplice turista, e in questa occasione particolare ho rivisto una città trasformata, vibrante, stretta attorno a questo suo prestigioso evento che la pone per alcuni giorni al centro dell’attenzione dei media e del mondo letterario. Mi ha colpito il pubblico numerosissimo e appassionato che sgomitava per occhieggiare e sfogliare i libri – per poi anche comprarli! – degli autori invitati esposti in bella mostra nella libreria-tenda nello splendido scenario di piazza Sordello; l’ho visto fare lunghissime file per assistere agli incontri con gli scrittori, pagando, a seconda dei casi, anche un biglietto per avere il piacere di sentirli e magari di dialogare con loro, come è successo con Stelian Tănase. Insomma, sono tornato da Mantova confortato e contento di scoprire e costatare che la letteratura attira, seduce, coinvolge ancora nonostante la crisi dell’editoria e nonostante questi tempi un po’ grigi.
Quanto all’impatto del pubblico con Stelian Tănase, posso affermare che è stata una vera sorpresa. Così come mi testimoniava lo scrittore, anch’io non mi aspettavo tanto afflusso di persone ai suoi due appuntamenti, specie a quello a pagamento (lo scrittore mi diceva, un po’ faceto, che in Romania si sarebbe dovuto pagare il pubblico affinché assistesse a un evento del genere!), e nei giorni in cui siamo stati lì, passeggiando per la città, la gente lo riconosceva per strada, al ristorante, e lo salutava. Evidentemente, un autore romeno che è espressione di una letteratura, per così dire, ai margini del panorama letterario europeo, desta curiosità e per tale ragione genera un moto spontaneo di pubblico, un pubblico però che è ben informato e attento e che è desideroso di conoscere ciò che non è «prevedibile». Il romanzo di Stelian Tănase ha senza dubbio stuzzicato l’interesse, il suo titolo azzeccato e seducente, la sua trama, il periodo storico in cui si svolge, i suoi personaggi calati in un’atmosfera a volte surreale, a volte di una violenza atroce hanno colpito nel segno, convincendo parecchi lettori ad acquistarlo (con tanto di autografo). Inutile aggiungere che il festival è stato organizzato in maniera impeccabile e che l’ospitalità e la generosità di Mantova sono forse i suoi migliori sponsor.

Stelian Tănase, questa è la sua prima volta al Festivaletteratura di Mantova: quali le attese prima di arrivare e quali le sue impressioni prima di ripartire da Mantova?

Non avevo grandissime aspettative perché è stata la mia prima partecipazione a un festival di letteratura, non sapevo che cosa mi sarebbe aspettato. Mi sono sentito benissimo e sono stato colpito dal folto pubblico che ha pagato un biglietto per partecipare a un dialogo con me, uno scrittore sconosciuto in Italia.

Nei due eventi ai quali ha partecipato, ha dialogato con Andrea Molesini, docente di letteratura comparata nonché scrittore, sul suo romanzo Morte di un ballerino di tango e con lo scrittore Antonio Moresco nell’ambito dello spazio «Vocabolario Europeo», dove lei ha proposto la parola «zădărnicie». Come le è sembrata questa doppia esperienza?

Non immaginavo che una storia romena potesse suscitare tanto interesse. Ero davvero curioso di vedere la reazione di alcuni intellettuali stranieri, italiani in questo caso. La reazione è stata ottima, empatica. Ciò infonde coraggio per scrivere altri libri.

Morte di un ballerino di tango è un titolo accattivante e suggestivo, dietro al quale si nasconde un mondo romeno (o valacco, come Lei sottolinea nel romanzo) colto nei momenti tragici – trasfigurati in una fiaba «noir» – della Seconda guerra mondiale e che il lettore italiano scopre probabilmente per la prima volta. Gogu Vrabete, il protagonista, potrebbe vivere nella Romania dei nostri giorni?

In linea di massima credo di sì. Un Gogu Vrabete è presente in ogni epoca. Un tipo umano molto romanzesco.

Quanto hanno inciso la sua formazione ed esperienza di filosofo, politico e giornalista nella sua attività di scrittore?

Semmai è successo il contrario. È stato lo scrittore a essere stato influenzato dagli altri. Comunque sia, dopo il 1990, si può affermare che la mia scrittura sia stata influenzata dal lavoro di ricerca che ho svolto negli archivi.

Si dice oggi che gli scrittori, la scrittura siano morti: che senso ha ancora scrivere per lei?

Buona domanda. Non saprei che cosa rispondere. È probabilmente un esercizio votato alla vacuità. Attraverso la scrittura, si affronta l’assurdo dell’esistenza, il caos. La scrittura dà un ordine al mondo.

I suoi prossimi progetti editoriali? 

Sto scrivendo un romanzo che spero di finire per questo inverno che dovrebbe intitolarsi Il funerale di un cane.




Intervista realizzata e tradotta da Mauro Barindi
(n. 10, ottobre 2014, anno IV)