Giancarlo Repetto: «Vivere all’estero mi permette di avere una doppia prospettiva sulle cose»

«Vivere all’estero mi permette di avere una doppia prospettiva sulle cose. Ad esempio posso percepire la visione dell’Italia che hanno i romeni e affiancarla alla mia, come, allo stesso tempo, posso proporre il mio punto di vista di straniero agli amici romeni riguardo il loro Paese». Così il professor Giancarlo Repetto che dal 2008 insegna al Liceo bilingue «Dante Alighieri» di Bucarest e collabora con l'Università della capitale romena. Nel 2012 ha istituito, insieme a Smaranda Bratu Elian e Oana Bosca-Malin, il «Festival di lettura giovane», un concorso rivolto ai licei bilingui della Romania. Ha pubblicato una silloge di liriche, un romanzo, alcuni saggi e, recentemente, la raccolta di racconti Ventotto tagli di luna (Neos Edizioni, Torino 2013), con storie di ventotto figure femminili romene. In questa intervista, il professor Repetto offre la sua testimonianza e alcune riflessioni sulla propria esperienza umana e professionale in Romania.


Professor Repetto, da quanto tempo vive a Bucarest e quali sono gli ambiti della sua attività?

Sono arrivato a Bucarest alla fine dell'agosto 2008, inviato dal Ministero degli Esteri per insegnare presso il liceo bilingue Dante Alighieri, dove dovrei lavorare fino al 2017. In questa città ho conosciuto colleghe innamorate della cultura italiana con le quali ho collaborato per diffondere la lingua e la cultura italiana in Romania. Ad esempio, insieme ad alcune di loro, ho istituito il «Festival di lettura giovane», un concorso che si rivolge ai giovani con lo scopo di avvicinarli alla lettura e di farli innamorare dei libri.

Da quando è qui, quali cambiamenti maggiori ha riscontrato nella società romena, tanto in positivo quanto in negativo?

Quando arrivai a Bucarest mi trovai in pieno boom economico, ma nell’arco di poco tempo la crisi ha rallentato lo sviluppo economico della Romania. Allora vedevo più entusiasmo nei giovani, oggi più rassegnazione. Ritengo che bisognerebbe ritrovare la fiducia in se stessi e vivere in maniera meno «nevrotica» questo difficile momento, cercando di capire che la crisi, in tutto il mondo e non solo qua, è il sintomo di un problema, e il problema è l’ingiustizia sociale che crea un abisso sempre più profondo tra i pochi che hanno molte risorse economiche e i tanti (sempre di più) che hanno troppo poco. E credo che per risolvere il problema si debba elaborare una nuova cultura perché l’attuale non ci porta lontano.

Bucarest in bianco e nero è stato il suo primo romanzo. In che modo ritiene che la sua esperienza di straniero – o forse quella di italiano – nella capitale romena abbia influenzato la sua carriera di scrittore?

Bucarest in bianco e nero è il mio primo romanzo, e proprio per questo lo sto riscrivendo perché, col senno di poi, lo ritengo un’opera che propone una storia interessante ma che può e deve essere decisamente migliorata a livello strutturale e di scrittura. È chiaro che senza la mia esperienza professionale e umana a Bucarest, questa storia non sarebbe mai nata. Questa città mi ha fatto ritrovare la voglia e il piacere di scrivere: è una città strana e affascinante nella quale le storie mi vengono a cercare. Tanto è vero che dopo quel romanzo ho scritto i racconti che ho appena pubblicato in Italia per la Neos Edizioni con il titolo Ventotto tagli di luna. Raccolta che propone le storie di ventotto figure femminili romene. Vivere all’estero mi permette di avere una doppia prospettiva sulle cose. Ad esempio posso percepire la visione dell’Italia che hanno i romeni e affiancarla alla mia, come allo stesso tempo, posso proporre il mio punto di vista di straniero agli amici romeni riguardo il loro Paese.

Cosa le piace di più della Romania e cosa di meno?

Mi piace il fatto che la gente lavori tanto, smentendo i luoghi comuni, ma non mi piace che per molti, soprattutto i giovani, il denaro sia diventato un’ossessione. Si dovrebbe scegliere la propria professione dando spazio al proprio talento e non sedotti dalla carriera, perché così si diventa degli infelici.

Quali sono, invece, gli aspetti essenziali della cultura italiana da far conoscere ai giovani romeni interessati dalla sua attività didattica?

Al di là dell’enorme patrimonio letterario e artistico dell’Italia, vorrei che le persone all’estero imparassero ad apprezzare lo stile di vita degli italiani: l’amore per la bellezza, il buon gusto nell’abbigliamento e nell’arredamento, l’amore per la gastronomia e il buon vino. Senza offesa, penso che in Romania possa essere utile un’educazione al benessere che inizia da un’educazione alimentare ecc.

Ha scritto, riguardo ai libri che i giovani dovrebbero leggere, Un viaggio fra i miei libri. Quali sono, per lei, i primi cinque libri in classifica?

Spero di non deluderla, ma non vorrei indicare titoli perché i classici del '900 europeo li conosciamo tutti, e allora vorrei che ciascuno scegliesse liberamente cosa leggere abbandonandosi ai desideri e alle passioni del momento, sapendo che esistono libri d’autore e libri di evasione e che non si deve fare confusione, ma sapere cosa si sta gustando.

Quali autori italiani dovrebbero essere letti in Romania per capire l’Italia e gli italiani?

Potrei suggerire i nomi degli scrittori che considero più significativi della letteratura italiana di questi ultimi anni, senza gerarchie e senza giudizi di valore: Sebastiano Vassalli, Antonio Tabucchi, Niccolò Ammaniti, Erri De Luca, Melania Mazzucco, Silvia Avallone.

Come valuta l’integrazione della nuova comunità italiana nella società romena?

Sinceramente conosco poco la comunità italiana in Romania. So che in questo Paese ci sono trentamila aziende italiane e, quindi, diversi imprenditori che vivono o comunque vengono in Romania per gestire le loro attività. A Bucarest, dove risiedo, conosco il personale diplomatico che lavora per l'Ambasciata, il Consolato e l'Istituto Italiano di Cultura. Ci sono poi i colleghi che insegnano qui: dieci persone in tutto, cinque come lettori presso le università, cinque docenti presso licei bilingui. A Bucarest c'è un'associazione, al cui vertice c'è il deputato Mircea Grosaru (RO.AS.IT) che si occupa della minoranza italiana in Romania. Ho scoperto che tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento è avvenuta una immigrazione di veneti in Romania, quasi un paradosso pensando al presente.

Come le si presenta, invece, l’immagine dei romeni in Italia?

In Italia c’è una numerosa comunità romena, soprattutto a Torino. Nella maggioranza dei casi, iromeni si sono integrati e lavorano seriamente. C’è poi una minoranza, come in ogni popolazione, che non sa e non vuole integrarsi e rispettare le regole del Paese che li ospita. Personalmente ritengo che le diversità arricchiscano la cultura e l’economia di un Paese.

Come vede gli ‘orizzonti culturali italo-romeni’ al presente, cioè i punti d’incontro tra le due culture, eventualmente da approfondire?

Penso che sia molto utile il ruolo della vostra rivista «Orizzonti culturali italo-romeni» perché è necessario costruire un ponte tra i nostri due Paesi ed insieme contribuire alla creazione di un’Europa sociale e non solo monetaria.



Intervista realizzata da Georgiana Ţăranu
(n. 1, gennaio 2014, anno IV)