Alberto Basciani sul docufilm «Ştefan Delureanu, una storia, la Storia»

Il 7 ottobre 2011, all'Istituto Italiano di Cultura “Vito Grasso” di Bucarest si è tenuta la presentazione in anteprima del documentario Ştefan Delureanu, una storia, la Storia di Edoardo Inglese, da un’idea di Alberto Basciani.
Abbiamo intervistato Alberto Basciani, ricercatore di Storia dell'Europa Orientale presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università Roma Tre, che ci parla della realizzazione del film e dei suoi legami con lo storico Delureanu, con la Romania e la cultura romena, nonché della ricezione della storiografia romena in Italia.


Alberto Basciani, a quando risale il suo primo incontro con Ştefan Delureanu?

Ho incontrato la prima volta Ştefan Delureanu a Bucarest nel settembre del 1992. Allora io ero solo uno studente, mi trovavo a Bucarest con una borsa di studio per fare delle ricerche inerenti la mia tesi di Laurea sulla Rivoluzione del 1848 nei Paesi romeni. Fu allora che conobbi Delureanu che divenne immediatamente un punto di riferimento per svolgere la mia ricerca presso la Biblioteca dell’Accademia Romena. Con lui mi immersi alla scoperta degli „anticariat” di Bucarest alla ricerca di libri e quindi cominciai a visitare la sua casa. Frequentare casa Delureanu è stata un’esperienza umana e intellettuale bellissima, lì ho conosciuto esiliati romeni tornati in patria, intellettuali, viaggiatori e la migliore cucina romena della mia vita.

Come è nata l’idea di questo documentario?

L’idea è nata dalla necessità di non disperdere il patrimonio umano e morale di Ştefan Delureanu. La sua opera scientifica è consegnata ai suoi tanti libri e articoli, mancava però qualcosa che facesse conoscere e soprattutto fissasse il suo percorso umano. Credo che ciò che emerge è il ritratto di un uomo coerente divenuto suo malgrado uno straordinario testimone del Novecento.

Come si è svolto il lavoro per la realizzazione del film e chi vi ha partecipato?

Se l’idea è stata mia, il film così come è fatto è dovuto al lavoro del regista Edoardo Inglese che ha saputo trasformare una serie di domande accademiche in un vero soggetto e, soprattutto, ha saputo cogliere i sentimenti più profondi dell’animo del protagonista. Dopo aver discusso le domande con lo stesso Edoardo Inglese, con Antonio D’Alessandri, Francesco Guida e Rudolf Dinu a giugno del 2010, con lo stesso regista e Antonio D’Alessandri ci siamo recati a Bucarest per una settimana. Le mattinate erano interamente dedicate all’intervista i pomeriggi a discutere tra di noi, a lavorare sui materiali. Devo dire che è stata un’esperienza umana e professionale intensa e bellissima e voglio ancora una volta ringraziare l’Istituto Italiano di Cultura di Bucarest “Vito Grasso” e il suo direttore di allora, il prof. Alberto Castaldini, che ci ha concesso l’alloggio per tutto il tempo delle riprese.

Quali aspetti della storia raccontata da Ştefan Delureanu l' hanno colpita di più?

Non posso dire che ci sia un aspetto che mi ha interessato più di un altro, da storico e da amico di Ştefan Delureanu ho assorbito come una spugna tutto il suo racconto. Mi hanno colpito la lucidità, l’ironia, la mancanza di rancore, la capacità di restituire la reale dimensione dei fatti cui è stato testimone e protagonista. Di sicuro considero un patrimonio importante il racconto della sua detenzione, gli anni di quella che Ştefan Delureanu definisce la sua doppia vita: da un lato ragioniere in un’impresa di costruzioni idroelettriche e dall’altro studioso del Risorgimento italiano e traduttore di Pavese e Dante. 

Come è stato accolto il film alla presentazione della prima assoluta a Bucarest?

Direi che l’accoglienza è stata eccellente, la sala era piena, il pubblico ha seguito il film con una partecipazione totale a volte sorridendo, a volte commovendosi, a volte indignandosi. Meglio di così penso non potesse andare. Tutto ciò grazie anche all’organizzazione approntata dal direttore dell’istituto, il professor Rodolfo Amadeo e al suo splendido staff che approfitto per ringraziare ancora una volta.

Lei è uno studioso della storia romena. Quali sono i suoi ambiti di ricerca?

Ho iniziato a studiare il risorgimento romeno, la ricezione di Mazzini tra l’opinione pubblica romena. Poi con il dottorato mi sono spostato sull’epoca contemporanea sui problemi etnici e nazionali della Grande Romania soprattutto nelle sue “periferie” più difficili: la Dobrugia del Sud e la Bessarabia. Mi interessa molto anche il comunismo romeno. 

Nei suoi viaggi in Romania, quali sono i luoghi che ha avuto modo di conoscere?

Ho avuto la fortuna di viaggiare molto in Romania. Conosco bene soprattutto la Transilvania e con Madrid e Roma considero Bucarest la mia città. Ci torno sempre molto volentieri, e uno dei miei grandi piaceri è praticare jogging nel parco di Herăstrău sia con la bella stagione che quando è ricolmo di neve. È curioso che nel romanzo Abbacinante. L’ala sinistra di Mircea Cărtărescu il protagonista cambia le prime case praticamente nello stesso ordine nel quale le ho cambiate io nei miei primi soggiorni bucarestini. Spero, infine, di poter fare presto un viaggio nel Maramureş!

Quali sono i suoi legami con la cultura romena, inclusi arte, letteratura, cinema?

Se studi la storia di un Paese non puoi non immergerti anche nella sua cultura. Mi piace molto la pittura romena dei primi decenni del Novecento che ho conosciuto studiando la questione della Dobrugia meridionale; mi piace la musica di George Enescu, ma anche la musica dei gruppi rock romeni “Bere gratis”, “Partizan”, “Spitalul de urgenţa”, i cantautori come Ada Milea ecc. Studiando la Bessarabia ho conosciuto anche alcuni scrittori romeni degli anni Trenta come Gib Mihaiescu veramente notevoli.

Come valuta, in generale, la ricezione della storiografia romena in Italia?

Al di là di un ristretto numero di specialisti che ci occupiamo di Romania e Balcani l’accademia italiana, temo, conosca molto poco la storiografia romena, neppure un autore notevole come Lucian Boia è tradotto, ed è un vero peccato. Dunque in generale la storiografia romena è poco conosciuta e ancor meno letta, eppure negli ultimi 10-15 anni gli storici romeni hanno saputo togliersi di dosso tutte quelle ridicole forzature sia dell’epoca comunista che degli anni immediatamente successivi alla caduta del regime e grazie al contributo di giovani e “agguerriti” storici hanno tirato fuori dei lavori veramente notevoli. Cito, tra tutti, il lavoro di ricostruzione dell’epoca comunista affrontata con gli strumenti storiografici e metodologici adeguati che ci sta restituendo un “ritratto” a tutto tondo dei decenni peggiori della storia contemporanea romena.


Intervista realizzata da Afrodita Carmen Cionchin
(n. 1, dicembre 2011, anno I)


Ştefan Delureanu, una storia, la Storia

Da un’idea di Alberto Basciani
Un film di Edoardo Inglese e Alberto Basciani
Ricerche iconografiche e storiografiche: Alberto Basciani, Antonio D’Alessandri, Rudolf Dinu, Edoardo Inglese
Elaborazione e ottimizzazione: Cristiano Cervone
Assistente al montaggio: Federico Mantova
Riprese e Montaggio: Edoardo Inglese

Due episodi completi del documentario, il 3° e il 4°, si possono vedere cliccando qui.

Ştefan Delureanu è nato nel 1926 a Mangalia una località della regione romena della Dobrugia affacciata sulla costa del Mar Nero. Suo padre, Vasile, era un albergatore e ristoratore che seppe fare del suo ristorante un punto di incontro di alcuni degli intellettuali romeni più noti degli anni Venti e Trenta. In un clima di spensieratezza Ştefan crebbe tra artisti, scrittori, filosofi e storici e proprio la diretta conoscenza di uno dei maggiori storici romeni di tutti i tempi, Nicolae Iorga, lo portò alla decisione di studiare storia. Tuttavia il destino pareva aver deciso altrimenti. Le vicende e le conseguenze della Seconda guerra mondiale cambiarono la storia romena e il corso della sua vita. L’instaurazione della dittatura comunista in Romania provocò per la famiglia Delureanu la perdita di tutti gli averi, Ştefan simpatizzante della gioventù liberale e allievo dello storico Gheorghe Brătianu, fu prima ostacolato nel proseguimento dei suoi studi e poi impedito di esercitare il proprio lavoro di professore nei licei. Ma il peggio doveva ancora arrivare. Nel 1951 finì rinchiuso per due anni in un campo di lavoro con l’accusa di essere un nemico del popolo. Sfruttato, e torturato assieme a migliaia di altri detenuti politici Ştefan fu scarcerato solo qualche tempo dopo la morte di Stalin (marzo 1953). Dopo la sua liberazione fu costretto, per guadagnarsi da vivere, a lavorare come contabile in un’impresa industriale. Né l’ostracismo del regime, né le difficoltà della vita quotidiana gli impedirono però di coronare il suo sogno di studiare la storia e in particolare il Risorgimento italiano. Con il sostegno fondamentale di sua moglie Victoria e superando con ostinazione tutti gli ostacoli che il regime comunista gli mise contro, Ştefan conseguì il dottorato di ricerca (1972), entrò in contatto con alcuni dei maggiori storici italiani (Morelli, Ghisalberti …), studiò in archivi italiani, austriaci ecc. divenendo uno dei maggiori conoscitori del pensiero e dell’opera di Mazzini e della diffusione degli ideali risorgimentali italiani nelle terre romene e, in definitiva, un punto di riferimento degli studi italianistici in Romania.
Alla caduta del regime Ştefan ha continuato a denunciare, con articoli e conferenze, un processo di democratizzazione distorto e ambiguo, capace solo, a suo giudizio, di rubare il futuro alla gioventù romena e finalmente, superando anche gli ostacoli dell’età, ha potuto studiare e viaggiare liberamente. La mole e la qualità dei suoi lavori, i tanti amici sparsi in Italia e nel resto dell’Europa, testimoniano del suo impegno costante a favore di una ricerca storica libera da ogni condizionamento politico e ispirata soltanto al criterio dell’obiettività, della ricerca e del confronto delle fonti. Ancora oggi Ştefan è un punto di riferimento morale per molti suoi colleghi italiani e romeni che con questo lavoro hanno inteso onorare il suo impegno, la sua vicinanza e il privilegio di essergli amici e debitori di tanti insegnamenti.